martedì 24 dicembre 2013

Although It's Been Said Many Times, Many Ways...

Buone feste anche per quest'anno,
fra pacchetti riccioli ghirlande e glitter, come sempre,
ma anche fra progetti, preoccupazioni, sogni,
gente che mi manca da morire,

l'anno finisce e io mi fermo a pensare
a tutti i momenti in cui mi sono dovuta fare coraggio,
a tutto il bene che so di avere intorno che genera coraggio,
a tutte le serate lunghe e le giornate troppo corte,
e alle ore di sonno che mancano e alle risate e alla voglia di fare,
e ai film d'amore guardati sul divano prima di dormire, e ai romanzi
che ficco ogni sera sotto il cuscino,
alle incombenze, alle scadenze rispettate
e a tutto quello che ancora è in ritardo e aspetta,

ai prati d'Irlanda e alle chiacchiere al bar
ai bambini e alle loro chiacchierine,
alle telefonate fatte e alle telefonate mancate,
alle mie attese e alla pazienza,
a tutte le foto riuscite e a tutte quelle da buttare,
a tutta questa strada e alla lacrima che mi ingoio ogni sera,

andrà bene, mi dico ogni sera, e ogni sera ci credo, e ci credo anche stasera,
mentre mi auguro Buon Natale aprendomi un mini panettone e saluto metaforicamente l'anno con tutti i suoi pasticci e tutti i miei pasticci.

Auguri a tutti.



domenica 3 novembre 2013

alla Barriera delle Cure

Il quartiere dove vivo, per molte cose, ancora è riconoscibile in questa descrizione, dolcissima.

Per virtù di quella rapida decisione, tre mesi dopo io mi trovava dalla parte opposta della città in quelli ch'erano, e sono ancora, i quartieri nuovi di Firenze, alla Barriera delle Cure, o "alle Cure" solamente, come dicono i fiorentini; dove i poderi avevano da poco iniziato a esser lambiti, manomessi, disseminati e invasi dalle costruzioni nuove. 
     Addio palazzi grandi e austeri, severità e magnificenza di architetture, pura grandezza delle linee, tettoie, capitelli, cornici: un'altra vita, un'altra luce, un'aria diversa. 
   Casette candide, variopinte, rosee o azzurrine, fra orticelli e giardinetti; persiane verdi, tetti rosseggianti o di corallo, cancellate, muricciuoli, terrazzini; fronde fiori e frutti; aiole bordate di fragole o violette, olezzo di cedrina e di menta, tralci di rose espansive che si sporgono dall'uno all'altro giardino o vi tendono l'occhio curiose; crosciare di cannelle, sgocciolio di acque, sbattere e posare di annaffiatoi; gorgheggi di uccelli e fanciulle, urla e risa di bimbi e pianti e cani che si mischiano alla loro allegria; passi vellutati di gatti sopra i muri di confine, tubare di colombe alle grondaie, crocchiolar di galline, frulli d'ali; lo stillicidio del pianoforte percosso da dita esili e incerte, il legno dolce d'un violino, una palla che evade inseguita da un grido; intrecciarsi d'occhiate e di sorrisi, di saluti, di richiami e conversari intorno a queste case che sembrano talune di legno o di cartone, fatte per le bambole, che giuocano e civettano al sole e gli ridono a bocca spalancata come se facesse loro il pizzicore, e tutte le possiede; che il temporale schiaffeggia e scarduffa, e fa rannicchiare ad occhi chiusi, trepidanti e silenziose. Vita che oggi mi fa pensare a un San Francesco dipinto sopra una scatola di confetti. 

Aldo Palazzeschi, Stampe dell'Ottocento, Firenze, Vallecchi 1957.

venerdì 18 ottobre 2013

traccia

È una settimana difficile, per molti motivi.
Non ho tempo per fare quasi nulla a parte lavorare notte e dì, ma lunedì facendo una capatina in libreria ho trovato il libro nuovo di Antonio Pascale e ho pensato che l'Universo stava cercando di coccolarmi un po'.

Poi ho avuto poco tempo per leggere, naturalmente. Ma a un certo punto ho trovato questo:

«E pedalando sono arrivato a casa, mi sono fermato, immobile, sotto il portone a pensare: lo vedi che bel documentario verrebbe fuori? Certo, è complesso, mica posso solo intervistare le persone e sentire cosa pensano della moglie, dell'amante, dei figli, dei genitori, è necessario mettere insieme neuroscienza, psicologia cognitiva, biologia evolutiva, prima la chimica e poi i sentimenti, e mica la parola amore rende la vita migliore, no, semmai la rende possibile, migliore certo che no, anzi spesso i sentimenti sono duri, brutali, in fondo discendiamo dai rettili desideriamo conquistare il territorio, soffriamo se non ci riusciamo, ci sentiamo inadeguati, e cosa si nasconde dietro i sentimenti? Il nostro passato, i nostri dolori, le risposte giuste date al momento sbagliato, il modello, nel mio caso il modello meridionale, le contraddizioni, ecco, bisognerebbe inserire tutte queste cose in una... in una... una traccia [...].»


venerdì 27 settembre 2013

spot



“So bene che i fiorentini dovranno subìre qualche disagio in questa settimana e mi scuso con loro”, premette il sindaco. “Non dimentichiamoci però che questo è l'evento sportivo più importante ospitato dalla città in sessant'anni e che rappresenterà per Firenze un gigantesco spot. Saremo visti in tutto il mondo e voglio ringraziare lo sforzo di tutti quei commercianti che hanno allestito vetrine, iniziative ed aperture straordinarie in occasione dei Mondiali."

 Così dice Renzi oggi sulla pagina fiorentina di Repubblica.
Anche noi in negozio abbiamo allestito le

vetrine con biciclette, caschi e ruote e sellini. Anche noi abbiamo esteso l'orario di apertura fino a dopo cena. Abbiamo fatto tutto il possibile per fare in modo che i mondiali di ciclismo apparissero attraenti o si trasformassero in un'occasione per i fiorentini di fare delle cose diverse. Ma i clienti non c'erano.
Quello che Renzi non dice è che i fiorentini - o almeno quelli che hanno potuto farlo - hanno messo le macchine nei garage all'inizio della settimana e la riprenderanno lunedì prossimo. E hanno ridotto allo stretto indispensabile tutte le attività che li obbligavano a uscire.
Anche secondo me è bello avere delle occasioni per lasciare a casa la macchina, uscire a piedi o in bici e scoprire che la città può essere vissuta diversamente. Ma, da quello che ho capito, dopo una giornata passata a combattere per portare i figli a scuola attraverso percorsi alternativi, per andare a lavorare attraverso percorsi alternativi, per fare la spesa attraverso percorsi alternativi, e nella prospettiva di dover affrontare tutto da capo il giorno seguente, i fiorentini non si sono messi a fare le vasche per vedere i negozi aperti fino alle 23. Di sicuro non è accaduto nella via dove lavoro io, anche se era piena di vetrine con le biciclette e i manubri e anche se è considerata un "centro commerciale naturale".

Forse questo è accaduto in centro, nel triangolo magico Duomo-Piazza Signoria-Piazza della Repubblica. Ma onestamente quella parte della città non ha poi tutto questo bisogno di essere sponsorizzata no?

I primi tre giorni sono andati bene, i percorsi alternativi erano facili. Ma da oggi fuori dal cerchio magico del centro storico più patinato, quello che si poteva vedere erano strade deserte, negozi chiusi per due giorni, gli uffici e le scuole chiuse per due giorni, la gente a ciondolare per le vie del proprio quartiere per comprare giusto latte e pane e poi tornare a casa. Qualcuno ha approfittato per fare un bel weekend lungo al mare o da qualche parte e si è lasciato alle spalle la città e i suoi disagi. Con tanti saluti alla possibilità di vivere un evento sportivo unico in sessant'anni di storia cittadina.

Lo spot per Firenze c'è stato, l'evento è stato bello.
Per quanto riguarda l'apertura della città, ho più di qualche dubbio.

martedì 3 settembre 2013

colori


Si torna al lavoro.

Con tanta energia con tante cose negli occhi. Con i verdi dell’Irlanda, i blu e oro dell’Elba, con l’abbronzatura che già sbiadisce, con i cieli freschi di settembre, con tutto il passato nella tasca sinistra e tutto il futuro nella tasca destra.

Questa estate è stata lunga, emozionante, piena di valigie fatte e disfatte in continuazione, piena di cambi climatici e libri.

Trovato a poco un librino dell’Einaudi di Luzzati e Conte intitolato facciamo insieme il teatro, pieno di cose interessanti. Scoperto saggio sulla traduzione nel mondo classico, finito in più riprese il romanzo di Lagioia: veramente un piccolo gioiello. Raccolte immagini su immagini per il progetto per l’infanzia, riletti libri della mia infanzia con qualche commozione, scritte lettere, spesi soldi (sempre troppi, mannaggia alla scialacquatrice che sono) per piccoli oggetti che allietino le giornate invernali.

Che altro voglio? Voglio un sacco di cose, ma sabato sera a metà delle nostre solite elucubrazioni a cena, mi sono alzata e ho abbracciato L. strettissima e le ho detto “ma quanto sono felice ogni volta che ci sediamo a questo tavolo a fare progetti?” E ridevo come una bimba. E avevo addosso il maglione color ciclamino che mi metto quando sono sicura della mia faccia e i sandali con i tacchi alti.
Queste pareti bianche sono piene di piccoli fuochi artificiali. 

mercoledì 31 luglio 2013

Gold

Domenica scorsa l'ho passata a fare i ruzzoloni fra le onde proprio come da piccola, quando mi dovevano portare via dall'acqua per un orecchio, minacciandomi di saltare il gelato se non fossi uscita subito. 

Dopo aver finito di fare i ruzzoloni erano le otto di sera, il cielo dipinto d'oro, il vento ancora un po' alto, la spiaggia deserta, un castello di sabbia abbandonato destinato a sgretolarsi nella notte. Gli amici, come me, sorridenti e avvolti nell'asciugamano. 
Un'immagine di perfetta beatitudine che avevo scordato davvero da tempo.
Abbiamo bevuto l'aperitivo tutti bagnati e salati godendoci il tramonto e chiacchierando. Siamo tornati verso casa con il buio, con le bici tutte incolonnate dietro l'unica che aveva la dinamo.

Nel frattempo la mia mente faceva ginnastica.
I miei progetti paralleli hanno avuto una spinta nel mese di luglio. Ci sono cose belle che potrebbero davvero succedere. Altri castelli che sembravano completamente in aria ora sembrano poter atterrare e trovare qualche forma di fondamento. Sogni, forse, che come direbbe Saba si fanno e disfanno nella mia mente dandomi quel brivido a lungo dimenticato di poter essere speranzosa, di poter fantasticare.
Soprattutto, i miei progetti paralleli mi hanno permesso di ritrovare quella gioia grande di lavorare insieme, di passare le notti a scrivere con un'amica accanto, mentre l'altra amica disegna e nel frattempo ci somministriamo gelato e vino bianco.

Quando tutti tornano a casa da discoteche e locali, noi torniamo sorridenti inventando nuove storie e ridendo come se non fosse notte fonda e non dovessimo andare a lavorare dopo poche ore. 

Se anche tutto questo galoppare fosse servito solo a questo, sarebbe già sufficiente per rendermi felice.

lunedì 15 luglio 2013

Onda


Sparsi sul letto Il nuotatore di Cognetti e Cerri, I fichi rossi di Mazar-e Sharif di Mohammadi, Riportando tutto a casa di Lagioia, le fotocopie della traduzione da finire, sparpagliate e piene di note di mille colori, la carta di un gelato, il telefono.
E me.
Finalmente con la testa vuota e senza dover correre da nessuna parte, ragiono se mettere un punto o un punto e virgola all’interno di una certa frase e le lettere e le parole mi si schierano in formazioni sempre nuove, come soldatini pronti a diverse strategie.
Ogni volta che mi trovo davanti a una traduzione è così, ci sono strumenti da scegliere e suoni da accordare e ogni volta questo lavorio mi riempie di gioia.
Una settimana tutta per me, che sta per finire e che è stata troppo breve, ma che mi ha riscossa, come se tutto fosse solo sospeso e non interrotto. Un film lasciato in pausa di cui non conosco ancora la fine.
Naturalmente stare sola con i propri pensieri è inebriante tanto quanto destabilizzante. Ho riletto vecchie lettere che dovrei proprio buttare se fossi un po’ più furba, ho riascoltato certe vecchie cicatrici pungere e credo che non smetteranno mai di pungere, ho riso e ho pianto senza troppi pudori e probabilmente mi serviva di mollare un po’ certi freni, in solitaria, senza dover dare tante spiegazioni.
Ho visto le mie nipoti, una più bella dell’altra, e gli amici cari, uno più caro dell’altro, poi sono tornata ai miei interrogativi, alla musica, alle parole spezzate alle parole che non sono mai uscite, ma il senso di impotenza non mi ha aggredita come al solito, forse ho finalmente ho imparato a non darmi la colpa per tutto quello che mi è successo nella vita.
Non costa poi molto immaginarsi al mare, con un po’ di ombra e un po’ di libri e il rumore dell’onda che batte.

mercoledì 15 maggio 2013

sic.

(E poi c'è stata Venezia, e le notti insonni a Venezia e le camminate interminabili fra musei e conferenze, e l'acqua. E a Venezia ho lavorato, pensato, mi sono commossa e arrabbiata, ho fatto foto, attaccato quadri,
ma è tutto già lontano e la bellezza che mi è rimasta negli occhi combatte di nuovo con la stanchezza. E poi c'è stata la pioggia, giorni e giorni di pioggia ininterrotta e di primavera che non arrivava mai. E le parole, e le lettere, e le lotte per svegliarsi la mattina e per addormentarsi la sera. E ora che le cose sembravano quiete, un altro lavoro da fare in cinque minuti. Come ho detto ieri in uno di quei faccia a faccia che non vorresti avere mai, "ci rivedremo qui, fra trentacinque anni, e io starò ancora così". E così sia.)

giovedì 28 marzo 2013

registri

Al di là da ogni considerazione politica da cui mi astengo, c'è una cosa che mi innervosisce delle vicende del Paese di questi ultimi due o tre giorni.

Percepisco in modo abbastanza vivo una volontà a vari livelli di privare di ogni contenuto i simboli, e di azzerare annegandole in una marea di banalità e di ignoranza le sfumature, le differenze che nella logica della complessità di un Paese diventano fondamentali per distinguere la bontà o meno delle azioni di chi si adopera per cercare di rendere possibile una convivenza civica che abbia un senso e una parvenza di giustizia. 

Tutto questo passa anche da un insopportabile e sempre più diffuso uso di parolacce, turpiloquio e nel migliore dei casi di uscite goliardiche di bassa lega. 

Uno può pensare che sia solo un segno dei tempi, ma io credo che sia molto di più.
Nel "mandiamoli tutti affa..." di Grillo c'è il bisogno di avvicinarsi all'insofferenza dell'uomo della strada verso le tante risposte non date dalla politica, cosa che di per sé potrebbe anche avere un senso, se non fosse che quella risposta viene diretta ai peggiori istinti dell'uomo della strada. Perché non provare a fare ragionamenti più complessi, invece di sparare parolacce a caso per ricevere il boato della folla che, per definizione, è una specie di mostro senza testa pronto a dividere tutto il mondo in bianco e nero?
Dire che "Beppe ha tenuto sveglio il Presidente della Repubblica" non è una simpatica battuta, è un insulto sciocco e inutile fatto innanzitutto a una persona anziana, in secondo luogo all'istituzione che rappresenta. Non si fa così a combattere contro quello che non riteniamo giusto. Non si abbandonano le normali norme di educazione e di rispetto, usare un linguaggio triviale in situazioni che ne richiedono uno più consono può essere sia un segnale di incapacità di leggere la situazione politica, sia una precisa volontà di destituire di qualsiasi autorevolezza i luoghi e le persone che di quelle situazioni sono i protagonisti. In entrambi i casi è grave, per non parlare del fatto che squalifica chi lo fa e se chi lo fa si presenta come il nuovo che avanza, io questo nuovo che non capisce che il Presidente della Repubblica è un simbolo delle istituzioni, rappresenta un Paese e il suo modo di gestire la cosa pubblica, non lo voglio. 

Questo atteggiamento è sempre meno sporadico, invece più si dà per scontato che si possa fare, più vengono sdoganate tutte le pessime abitudini che l'uomo della strada non chiede di meglio che manifestare, finalmente libero dalle coercizioni dei codici delle regole del vivere civile.
Così Battiato dice che "il Parlamento è pieno di troie disposte a tutto", in qualunque contesto ormai si legge e si scrive che questo o quello "fa incazzare" che questo o quello "si è fatto un mazzo così" e non importa che siano articoli di giornale, conferenze, discorsi pubblici o inni allo stadio. 

Chissà quanti esempi potrei fare,  ma il concetto è questo: con ogni parola lanciata così, usata a caso, ovunque capiti, all'osteria come in Parlamento come se fossero posti uguali si fa un omaggio al qualunquismo e all'ignoranza, si sgretola un pezzetto della credibilità di chi la pronuncia, e si impoverisce un po' di più questo già povero Paese.

Non penso che sia un bene, permettere che le persone si compiacciano dei loro istinti peggiori o più bassi, penso invece che si debba far di tutto per educarle alla consapevolezza, alla comprensione, all'amore per le istituzioni (in questo sono perfettamente d'accordo con la Boldrini) che si possono contestare e si possono cambiare, ma non svuotare di significato avvilendole e insultandole a prescindere. 

lunedì 4 marzo 2013

Notes From Underground

E così, ecco che è volato via febbraio.

Facendo un rapido riassunto questo mese ho:
- gioito della nascita di una nipote meravigliosa;
- fatto un trasloco;
- montato con le mie mani 12 metri quadrati di libreria;
- aiutato un muratore a fissarla al muro;
- svuotato le scatole del trasloco (che erano 16) e trasferito tutti i libri che c'erano dentro nella nuova libreria;
- pulito tutto;
- finito l'inventario in negozio;
- portato a casa per una settimana di fila l'inventario per finirlo in tempo;
- fatta una serata di copiatura inventario in negozio insieme al capo che è finita a mezzanotte meno un quarto;
- finito due lavori per la casa editrice che dovevano essere pronti in cinque minuti;
- fatto due riunioni aziendali per un nuovo lavoro;
- scritti 70 dei primi 140 testi del nuovo  lavoro che mi hanno assegnato dall'azienda;
- fatto una cena mezzo di lavoro mezzo di piacere;
- votato;
- accudito i miei genitori entrambi influenzati all'unisono;
- tentato, spero con qualche minimo profitto, di impedire al ragazzino a cui faccio inglese di prendere un votaccio in pagella;
- portato a riparare il motorino che nel frattempo si è fermato;
- portato a riparare il caricabatterie del portatile che nel frattempo si è rotto.

Questa la nuda cronaca.

Per quanto riguarda i miei sentimenti mi sento di restringere la lista a queste cose:
- due mini sbronze (forse non definibili tali perché ancora parlavo e ragionavo, ma per i miei canoni abbastanza significative);
- due grosse arrabbiature che se ci penso ancora mi tremano le mani;
- tre grossi pianti, a cui non voglio pensare;
- una gioia immensa.

Schematizzare non mi piace ma schematizzare in questi giorni è indispensabile perché altrimenti non riuscirei proprio a non farmi travolgere dalle cose. Le emozioni sono potenti, le ore troppo corte, le cose da dire si esauriscono in "sono di corsa, ne parliamo poi". Schematizzare non mi piace, ma forse dovrei stampare questa lista e mostrarla a chi mi sgrida perché esco poco e a chi mi dice che mi rintano nei miei spazi.
Dio li benedica, i miei spazi, il famoso uovo intatto della Byatt, tutto quel lavorio dentro di me che è prezioso e che non voglio né sperperare né perdere.

La mia inclinazione alla solitudine è importante quanto il piacere che provo nel vedere o nel sentire i miei amici nei momenti in cui decido serenamente che ho voglia di farlo.

domenica 27 gennaio 2013

minestrone

Sono le una e cinquantatré e i miei vicini cucinano il minestrone. Seguono la miglior ricetta della nonna, "facciamolo bollire tutta la notte e chissà domani come sarà buono". Ma nel frattempo il palazzo intero odora di soffritto e verdure bollite e non mi dà alcuna consolazione giustificare i cuochi con il pensiero che fuori ci sono meno tre gradi e che tutti hanno diritto a un piatto caldo, specialmente di domenica.

Poche cose mi danno consolazione, per la verità. Mi restano all'appello i viaggi virtuali nei luoghi esotici che vorrei visitare a marzo e certe fantasticherie su Paesi assolati, lontani da tutto questo grigio e da tutto questo buio. A gennaio mi ripeto ogni anno che la luce sta tornando, ma è più un pensiero veloce che mi sfiora nell'attesa che arrivi la primavera, che una vera e propria constatazione. Qui è tutto buio, la spalla mi si è bloccata di nuovo e per bene, e ieri nel bel mezzo dell'inventario ha battuto il terremoto e tutti i vasini e i ninnoli e le candele che stavo contando si sono messi a camminare da soli lasciandomi, naturalmente, terrorizzata.

Little earthquakes, si direbbe, ma siamo sicuri che siano poi così piccoli, questi terremoti, questi scossoni emotivi conditi da lacrime che non scendono e persone che non colgono e vita che corre veloce e libri che non entrano più nella libreria, eccetera eccetera? 
Io non sono sicura.

Anche se sono sicura che i terremoti li so superare, spezzandomi dentro ogni volta un po' di più ma sempre bella integra e pettinata fuori. 
Questa è un'altra delle piccole cose che mi danno consolazione.

Che importa, sul serio, a chi devo spiegarlo?
Mi tengo le tovaglie colorate, i fiori sul tavolo, una bella cena, un paio di bei dischi, un filmetto o due, un pensiero che vola a qualcosa che non c'è, un libro con delle belle illustrazioni, e faccio di queste cose la mia ancora di salvezza, come sempre, perché ha sempre funzionato senza che nessuno - o quasi - capisse davvero quanto contassero e che parte avessero in tutto questo gioco.

E' sabato notte, ascolto Stereonotte, preparo la tisana, non fermo nessun orologio, mi rifiuto di trasformarmi in un personaggio di Dickens: sono come sono, sono questo, qualcuno prima o poi lo vedrà. O forse no, ma che importa. 
Non devo nessuna spiegazione.