lunedì 27 dicembre 2010

si bien caché


Passato.
Come ogni anno c'è stata la folla, le valanghe di regali da impacchettare, le clienti impossibili, le corse per arrivare in tempo dopo la pausa pranzo, le ghirlande da confezionare, le bruciature da colla a caldo e le dita tagliate con la carta da regalo. Il solito orrendo male al collo, la solita voglia di cioccolata.
Poi c'è stata la neve alta.
Le guance rosse e gli alberi caduti in tutta la città ma soprattutto nel mio quartiere: pini di cento anni che perdevano rami enormi per strada, strade chiuse, mezzi pubblici ko, e le grandi camminate nella neve con la musica alta nelle orecchie e il sorriso spalancato su tutto quel bianco e quel silenzio. Il pranzo a casa del mio capo, col pollo fritto preso in rosticceria e il bambino tenerissimo che mi fa vedere tutti i suoi giochi e poi si adagia come un gatto in braccio a me per farsi mettere le scarpe.
Le albe grigie, la pioggia battente, i caroselli di camion dei vigili del fuoco per tutta la città, l'ennesima amica incinta, le foto di Celeste che cresce e la nostalgia di vederla crescere da lontano.
Passato il pranzo familiare e la cena degli avanzi, passate le telefonate di rito, lo zio che ti manda il biglietto con "la centomila" la serata di rito a vedere film di Chaplin.

Essere pieni e vuoti allo stesso tempo, sentire i propri passi che fanno rumore, sentire la pelle che tira, la dolcezza che ti invade e l'amarezza che resta ferma al suo posto.
Natale.
Due giorni per scoprire quanto nascosti possono essere i propri sentimenti.

martedì 14 dicembre 2010

la sicurezza degli oggetti

E' lunedì, e come tutti i lunedì sei libera dal lavoro. Hai passato il pomeriggio a scartavetrarti l'anima e a fare la spesa nel supermercato buono, come ogni lunedì. Poi ti sei fatta una doccia, ti sei truccata, con due secondi di calma invece che -come fai di solito- mentre aspetti che il semaforo diventi verde, hai scelto i vestiti ciondolando in accappatoio per la casa e bevendo tè verde e alla fine sei andata a cena fuori. E la cena è stata buonissima, hai scoperto dei cibi nuovi e hai bevuto parecchio vino buono, hai scartato regali e trovato che erano uno più indovinato dell'altro, abbracciato gente, mangiato un dolce che si chiama "coccolato" (misto di cocco e cioccolato) i capelli ti stanno bene anche senza nessuna molletta di fortuna e senti una strana alchimia che ti fa pensare che sei contenta, un pochino.
Ecco, proprio in quel momento...
...procura che il troppo vino ti faccia mantenere una residua lucidità, perché quando le chiavi della vespa si animano e ti schizzano dalla mano guantata, fanno una piroetta in aria, e atterrano con un discreto "pluf" dentro il tombino davanti al ristorante, devi avere la forza di fare una risata forte, e trenta euro in tasca per un taxi che ti porti a casa a prendere il duplicato, e ti riporti a prendere la vespa. E, soprattutto, dopo tutto questo, è bene che tu sia ancora in grado di sorridere.

Infatti stasera sono proprio fiera di me e di come ho ridacchiato col tassista e giocato a raccontarsi gli incidenti di percorso più pazzi del mondo e i modi in cui sono stati risolti.

mercoledì 8 dicembre 2010

the unsaid


Bruxelles era piena di neve, gelata e freddissima. Per strada si scivolava su pezzi sparsi di ghiaccio sul pavé dei marciapiedi e in albergo tenevamo il riscaldamento così alto che avremmo potuto coltivare orchidee.
Non l'ho vista, la città. Ho visto diversi cioccolatini, biscotti al burro, torte di vario genere e ho scoperto un autore eccezionale rovistando fra i libri di D. destinati alla piccola Celeste. Il suo Saisons è già nella mia lista di desideri per Natale.
Celeste è bellissima, e non ci sono parole per descrivere quello che ho provato a tenerla in braccio. Ci vorrebbero dei colori, o degli odori.
Come ha giustamente detto suo padre, la cosa più incredibile è che prima non c'era e adesso c'è.

Sono tornata a casa e ho fatto l'albero di Natale, una pentola di cous cous che basti per tutta la settimana, e una corsa a vedere l'ultimo film di Woody Allen.
Ho continuato a pensare alle cose che ci siamo detti e ancora di più a quelle che non ci siamo detti, intorno alla tavola tonda sempre ben rifornita di tè e di dolci della cucina dei miei amici. Piccole e grandi cose che si vedevano, galleggiavano nell'aria come bolle impazzite e scoppiavano lasciandoci a metà dei pensieri a condividere solo sguardi e cenni di comprensione.

Qui oggi c'era una specie di scirocco appiccicosissimo e 15 gradi, e io ero ancora vestita come a Bruxelles.