lunedì 31 agosto 2009

settembre e una tigre

Ed ecco, anche questo mese finisce con un vento fresco che fa mettere una sciarpetta dopo cena e con le vetrine dei negozi già piene di cappotti e maglioncini.

Dal ritorno dalla Sicilia ad oggi ho scritto poco e parlato poco: sono stata una specie di tigre in gabbia, una parola e saltavo per aria e nessuno mi poteva dire o consigliare cosa fare. Certo ho combattuto con tale e tanta stupidità (e non si può vincere contro la stupidità, ogni tentativo è perfettamente inutile e frustrante) e con tanto di quel lavoro e con tanto di quel caldo che è un miracolo che l'unico risultato apparente della mia ferocia repressa sia stato un vaffa appioppato a una cliente per telefono.
Cliente persa, ovviamente. E' un piccolo regalo che mi sono fatta.

Ma oggi no, oggi tutta la rabbia, il tumulto, tutto quel fuoco sotto la pelle, come qualcuno mi ha detto una volta, è spento.
Oggi penso e basta, scrivo note a margine dei libri cerco di non farmi abbattere, dalla malinconia settembrina che bussa alla porta.

Perché l'inizio di settembre in questa città è sempre un momento sospeso e magico.
Sarebbe bello poter finalmente temperare la matita e cominciare il quaderno nuovo.

giovedì 20 agosto 2009

siesta

Una serata di chiacchiere prima del fine settimana, in cerca di un po' di sollievo dal caldo torrido della città, poi un vecchio film poi il sonno.
Ho sognato, ho fatto un sogno buffissimo, in cui ero a una festa a casa di un pubblicitario nella New York anni ottanta, e tutti eravamo vestiti à la Hepburn e con un Martini in mano.
C'era anche una piscina, e sprofondata su una poltrona rossa c'era Fernanda Pivano, con la quale non smettevo di chiacchierare che mi ascoltava e rispondeva sorridente.
(E' un saluto ufficiale, il mio, perché in un modo molto particolare le ho voluto bene, e in fondo è un pezzo di storia che se ne va. )

Firenze è ufficialmente un forno: dalla mia finestra entrano folate di aria bollente, io mangio solo insalata e non perché faccio la dieta, ma perché non riesco ad accendere il fornello quasi neanche per farmi un caffè. Intanto penso alle letture da fare e compro all'usato vecchi classici del jazz per cancellarli dall'hard disk e averli nella loro veste reale, di plastica e copertina e ringraziamenti in fondo.

Mi sento rabbiosa eppure bene, ho ancora il mare negli occhi ed è un segno buono, perché quando il mare mi accompagna e mi fa rinascere e non mi lascia amara e malinconica vuol dire che le cose sotto sotto sono a posto.
Certo molto sotto, perché nel mezzo mi arrabbio e sbraito e sudo e penso a chi me lo fa fare, di essere così vigile, invece di lasciare scorrere le cose e lasciarmi prendere dalla serenità che ogni tanto cerca timidamente di bussarmi alla porta.
Per ora non apro, ma credo nell'autunno, e in tutto il vortice di caos e impegni che si annuncia.

martedì 18 agosto 2009

com'è profondo il mare

Non so che raccontare della mia tre giorni siciliana, a parte che avevo bisogno di mare e mare ho avuto: uno dei più belli e commoventi che abbia mai visto e sicuramente in un momento della mia vita in cui sono facile a commuovermi.
Ho pensato e letto e mangiato cose buonissime e respirato sale e dormito poco.
Avevo due libri e due macchine fotografiche e niente lettore mp3.
Dev'essere per questo continuo vedere acqua intorno e pensare e socchiudere gli occhi per il sole accecante e non avere altra musica, che per tutto il tempo mi è risuonata in testa solo una canzone, anche mentre nuotavo, anche mentre ridevo e chiacchieravo, sotto sotto sempre la stessa.

Cosi' stanco da non dormire
le due di notte non c'e' niente da fare
mi piace tanto poterti toccare
o stare fermo e sentirti respirare
dormi gia' pelle bianca
come sarà la mia faccia stanca
provo a girare il mio cuscino
e' una scusa per venirti piu' vicino
provo a svegliarti con un po' di tosse
ma tu ti giri come se niente fosse
spengo la luce provo a dormire
ma tu con la mano mi vieni a cercare
tu come me
che le stelle della notte fossero ai tuoi piedi
che potessi essere meglio di quello che vedi
avessi qualcosa da regalarti
e se non ti avessi uscirei fuori a comprarti
stella di mare tra le lenzuola
la nostra barca non naviga
vola, vola, vola
Tu voli con me, tu voli con me
tu vola che si e' alzato il vento
vento di notte vento che stanca
stella di mare come sei bella
come sei bella e come e' bella
la tua pelle bianca bianca bianca.
Tu come me
Chiudi gli occhi e non guardarti intorno
sta gia' entrando la luce del giorno
chiudi gli occhi e non farti trovare
pelle bianca di luna devi scappare
dormi ora stella mia
prima che il giorno ti porti via
via via...
Tu come me
ora non voli si e' fermato il vento
posso guardare la tua faccia stanca
e quando dormi come sei bella
come sei bella e come e' bella
la tua pelle bianca bianca bianca...

[Lucio Dalla Stella di mare]

mercoledì 12 agosto 2009

wings


Ho pulito la casa, fatto due lavatrici, quasi finito la valigia. Devo ancora rigovernare i piatti della colazione e staccare un po’ di spine. Compresa la mia.

Avrei bisogno di due ali, anche piccole piccole, per sentirmi più leggera e non lasciare impronte profonde sul terreno. Ma comunque vada, vado a vedere il mare.

Parto, buon Ferragosto.

venerdì 7 agosto 2009

la brace sotto la polvere


Il mal di testa mi percuote con la violenza di un martello pneumatico e per debellarlo cerco di allungare le vertebre del collo. Nel frattempo leggo varie prime pagine di libri che ho preso negli ultimi mesi per decidere quale portare in viaggio, perché alla fine un viaggio piccolo piccolo lo farò.

Ho la testa piena di cose.
Come sempre ultimamente.
Per esempio stamattina sono stata all'Ikea, a vedere un po' di chiarirmi le idee sul mobilio minimo necessario per iniziare a vivere in una casa che è vuota. Io non vorrei comprare niente, a parte lo stretto necessario per la sopravvivenza. Tipo una cucina e sei piatti. Non voglio riempire gli spazi, anzi li vorrei il più possibile bianchi. Ed è molto più difficile del previsto, pare.
Ma non è di questo che volevo parlare.

Una ragazza con cui ho chiacchierato un po' di giorni fa all'aperitivo mi raccontava che un suo amico ha adottato la regola del possedere solo 400 cose. Quattrocento cose in tutto, incluso mobili, stoviglie, abiti, insomma tutto.
La prima domanda che tutti in coro abbiamo fatto è stata "e i libri?"
"biblioteca".
Naturalmente questo mi taglia fuori definitivamente dal gioco, perché io i libri ho bisogno che siano miei. Tanto che quando me li prestano prima li leggo e poi me li compro. Ho bisogno di poterli annotare, tenere sotto il cuscino, stropicciare nelle borse e se necessario tirarli fuori dallo scaffale in caso di raptus alle tre di mattina per trascriverne un pezzo.
Ma la teoria è lo stesso interessante. Specie per una come me incline a conservare, per dire, i biglietti del cinema.
A quanto pare la regola dei 400 oggetti serve a vivere il presente in modo più concreto, senza rimanere legati feticisticamente alle cose e di conseguenza alle nostalgie, al passato, a ciò che custodiscono più profondamente.

Se dovessi tenere solo quattrocento oggetti, libri (e dischi, dai) a parte, da cosa non mi separerei?
Dal bollitore. Da un paio di posacenere di quelli che ho collezionato nel tempo. da stampe o cartoline attaccate alle pareti.
Mentre mi guardavo intorno per scremare, mi sono accorta che quasi tutto quello che mi circonda qua dentro è un pezzo di una vita sospesa in un tempo che non è né passato né veramente presente.
Perché il presente è già futuro, come mi hanno ammonito recentemente, e il mio futuro è un puzzle che conosco solo io.

E ho capito che una piccola brace si è spenta, mentre facevo questa considerazione.
Ha sfrigolato e si è spenta, in un ultimo leggero sbuffo.