giovedì 26 novembre 2009

bilanci


Ci sono certi momenti della vita in cui tiri delle somme e le somme si ripercuotono sempre sulle persone oltre che su te stessa.
Ci sono persone che si meritano solo un vaffa, e persone che si meritano solo un addio, e persone che semplicemente vorresti sapere adesso che stanno facendo e perché è così tanto tempo che non le senti.
E persone a cui sai che non hai bisogno di spiegare nulla. Sono quelle persone che non vedono la mia faccia piena di cicatrici, non vedono la rassegnazione nascosta dietro una borsa carina, ma vedono la mia passione, la mia rabbia e anche il mio dolore, e continuano a dirmi che sono bella e che sono in gamba. Quelle persone sono come pietre preziose in mezzo al carbone.

Che poi si fa per dire somme.
Somme, moltiplicazioni e radici quadrate, ci sono momenti in cui tutto quanto ha la consistenza di un bilancio.
Ci sono sere in cui pensi a quanto sei ricco, anche se sei povero, oppure a quanto sei povero anche se sei ricco, e giuro che non è il solito stupido giochino di parole o sfoggio di retorica.
Ci sono sere in cui ti senti forte, come stasera, e sere in cui il mondo è sbriciolato davanti ai tuoi occhi, e sere in cui l'ultima sigaretta la fumi sul balcone, al freddo da sola, pensando a tutto quello che hai bruciato in un falò gigantesco in dodici mesi.
Dodici mesi precisi, e tutto sembra dover ripartire, di nuovo, da zero.
Ci sono sere in cui ti commuovi al pensiero che ti potrai stendere sotto le coperte, scrocchiarti le caviglie e leggere un romanzo per piacere e non perché devi.
Io stasera vado a dormire, e sono le ventitre e quarantasette, (praticamente con le galline per i miei standard) e per la prima volta da un anno a questa parte vado a dormire senza senso di colpa.

Altro che bilanci.

lunedì 16 novembre 2009

prima e dopo

Venerdì sera al concerto
sabato sera alla festa
(domenica mattina all'ikea, insieme al 30% della popolazione della mia città. Dio mio. Diciamo che tutti quelli che erano svegli erano lì.)
Poi torno a casa e mi aspettano i miei volumi e i miei fogli di carta.

Io e le mie amiche insieme siamo bellissime.
E chi se ne frega se siamo stanche, con le occhiaione (io) e le ansiette da consegne e da prestazioni varie, siamo proprio una bomba e basta.

Dopo aver passato la serata al concerto e poi a sbevucchiare me ne sono tornata a casa tutta sola per le strade del centro, canticchiando fra me.
Ho attraversato Santa Croce, come al solito ripiena come un uovo di turiste seminude e pozze di vomito e poi mi sono incamminata per le viuzze deserte di là d'Arno, deserte e semibuie, tranne che per pochi, rari lampioni. Erano quasi le tre di mattina.
Mi sono ricordata di quanto mi rende felice passeggiare da sola di notte, di quanto è meraviglioso, anche se l'aria è freddina e umida e taglia sugli zigomi, passare come un'ombra sotto le finestre chiuse, sentire le televisioni accese mormorare dentro le case, e poi attraversare minuti interi di perfetto silenzio. Mi sono ricordata che c'è stato un periodo in cui lo facevo spesso, e mi sorprendevo a pensare, affrettando il passo, che "potrebbe anche essere pericoloso in fondo, ma è così bello".

Era parecchio tempo fa.

Prima di un sacco di cose.

(Prima di tagliarsi i capelli, prima di tre capodanni passati a esprimere desideri che non si avveravano, prima di laurearmi, prima di sentirmi le gambe pesanti, prima dei viaggi d'oltreoceano, prima del mio primo concerto di Springsteen, prima della vespa blu, forse anche poco prima della vespa rossa, prima del buon senso e della cautela, prima dei miei lunedì tormentati...)

Va bene così. Perché oltre a tanti prima, adesso ci sono anche una serie di dopo.

Eppure in pancia quella sensazione di libertà dell'essere sola soletta per strada alle tre di notte, senza nessuno che sappia dove sono e senza risposte da dover dare, quella non è cambiata.

Solo la mia faccia è cambiata un po', ma quella è un'altra storia.

venerdì 6 novembre 2009

La torre di Babele (cit.)

Questa specie di mezza luna che spunta dai nuvoloni neri lascia sperare che domani non diluvi, per lo meno non tutto il giorno.
Ho vinto due volte a spider. La terza non l'ho provata. Mi bruciano troppo gli occhi.
Ho perso un ricordo, lo scorso lunedì. L'ho perso mentre guardavo da una finestra al quarto piano di un palazzo fiorentino. Ha preso il volo da lì.
Non mi importa più.
Non lo cerco più.

In questi giorni studio tantissimo, e non scrivo una riga. Letteratura di diaspora, letteratura di lingua inglese, letteratura post coloniale: una letteratura senza nome e con mille nomi diversi. Scopro che ci sono cose antiche che in realtà sono modernissime e viceversa. Mi sdraio sul letto fra le due e le tre di notte e penso a quante cose ho letto e studiato senza mai davvero raccontarle a qualcuno.
Penso che non ho mai studiato delle cose che potessi raccontare a qualcuno.
La si può guardare anche dall'altra parte: io non mi sono mai circondata di persone che studiassero le stesse cose che studio io. Quando ho iniziato il master mi sembrava impossibile che certe cose si potessero condividere.

Ora che il master è praticamente finito mi scopro a pensare che questa cosa in realtà in me non è cambiata. La dimensione privata dello studio è rimasta tale e quale. Ma la passione per la traduzione ha cambiato invece un'attitudine: a dispetto di tutti i luoghi comuni, non è possibile tradurre senza condividere. C'è bisogno continuo di scambiarsi parole, etimologie, modi di dire, dialetti, lingue. I vocabolari sono infiniti.

Da una parte c'è l'OED, così imponente e faticoso da tenere sulle gambe, però con quel profumo irresistibile ogni volta che lo sfoglio.
Dall'altra le parole che ho collezionato in una vita, tutte, tutte quelle dei libri, tutte quelle della famiglia, tutte le parole d'amore e tutte le parole d'odio, tutte le parole che porto con me da sempre.

La Babele più straordinaria è dentro la mia testa.
E serviranno tutte le parole possibili.
Anche se poi dico a una cliente "signora sto processando il suo ordine" (e poi scoppio a ridere chiedendo scusa).
Anche quando il nuovo aiutante di mia madre le dice "la gatta è bellissima! Ma ha troppi capelli.."
Servirà anche pensare alle parole che ho saputo dire e che non ora so dire più.

(Non è colpa tua. Non è colpa tua. Non è colpa tua tua, tua.. non è..)

Ho fatto più di un funerale in quest'ultima settimana.
Per ogni funerale avevo delle bellissime parole segrete da pronunciare.

Non mi importa più di tantissime cose.
Ma ce ne sono alcune da cui non mi so separare.