martedì 22 dicembre 2009

Toki

Oggi mi hanno regalato una bambolina portafortuna. Si chiama Toki, ha una faccia simpatica e un bel vestito. In più faccio volare le anatre di Central Park (sono loro, non l'ho detto a nessuno ma era a loro che pensavo quando ho comprato il mio personale regalo di natale) e metto sempre un berretto color cioccolato che mi cala troppo sugli occhi così il più delle volte non vedo un tubo di quel che succede alla mia destra e alla mia sinistra, il che è un bene, perché io voglio andare solo avanti, non a destra o a sinistra.
Per un po' almeno.

Oggi ho pensato che Toki è carina e simpatica e mi piace averla in tasca, ma non perché mi porti fortuna. Io non mi sono mai sentita sfortunata, mai, nemmeno nei momenti più difficili. Mi sono detta "come sono triste" o anche "quanto fa male" oppure "quanto cavolo sono stanca" e magari anche "stavolta non ce la faccio davvero", ma mai "che sfiga".
Perché lo dico? Non lo so. Credo che sia perché passo molte ore (ore davvero, una cosa sfiancante) a riflettere sul 2009 che vola via.

Sembra impossibile che quest'anno di ferite e corse voli via così, con me che guardo avanti.
Né a destra né a sinistra, solo avanti.

sabato 12 dicembre 2009

quindici minuti

Oggi ho pensato che certe cose dolci possono capitare anche mentre sei lì che bevi la cosa più amara che ci sia. Il caffè.
Oggi ho ritrovato un sorriso da ragazzina che non sapevo più dov'era.
Oggi ho visto la mia casina come sarà, e mi è sembrata bellissima.
Oggi ho pensato che se un aperitivo finisce a mezzanotte passata vuol dire che la serata è decisamente ben riuscita e che eri in ottima compagnia.

Oggi, per un quarto d'ora ho avuto vent'anni.

giovedì 26 novembre 2009

bilanci


Ci sono certi momenti della vita in cui tiri delle somme e le somme si ripercuotono sempre sulle persone oltre che su te stessa.
Ci sono persone che si meritano solo un vaffa, e persone che si meritano solo un addio, e persone che semplicemente vorresti sapere adesso che stanno facendo e perché è così tanto tempo che non le senti.
E persone a cui sai che non hai bisogno di spiegare nulla. Sono quelle persone che non vedono la mia faccia piena di cicatrici, non vedono la rassegnazione nascosta dietro una borsa carina, ma vedono la mia passione, la mia rabbia e anche il mio dolore, e continuano a dirmi che sono bella e che sono in gamba. Quelle persone sono come pietre preziose in mezzo al carbone.

Che poi si fa per dire somme.
Somme, moltiplicazioni e radici quadrate, ci sono momenti in cui tutto quanto ha la consistenza di un bilancio.
Ci sono sere in cui pensi a quanto sei ricco, anche se sei povero, oppure a quanto sei povero anche se sei ricco, e giuro che non è il solito stupido giochino di parole o sfoggio di retorica.
Ci sono sere in cui ti senti forte, come stasera, e sere in cui il mondo è sbriciolato davanti ai tuoi occhi, e sere in cui l'ultima sigaretta la fumi sul balcone, al freddo da sola, pensando a tutto quello che hai bruciato in un falò gigantesco in dodici mesi.
Dodici mesi precisi, e tutto sembra dover ripartire, di nuovo, da zero.
Ci sono sere in cui ti commuovi al pensiero che ti potrai stendere sotto le coperte, scrocchiarti le caviglie e leggere un romanzo per piacere e non perché devi.
Io stasera vado a dormire, e sono le ventitre e quarantasette, (praticamente con le galline per i miei standard) e per la prima volta da un anno a questa parte vado a dormire senza senso di colpa.

Altro che bilanci.

lunedì 16 novembre 2009

prima e dopo

Venerdì sera al concerto
sabato sera alla festa
(domenica mattina all'ikea, insieme al 30% della popolazione della mia città. Dio mio. Diciamo che tutti quelli che erano svegli erano lì.)
Poi torno a casa e mi aspettano i miei volumi e i miei fogli di carta.

Io e le mie amiche insieme siamo bellissime.
E chi se ne frega se siamo stanche, con le occhiaione (io) e le ansiette da consegne e da prestazioni varie, siamo proprio una bomba e basta.

Dopo aver passato la serata al concerto e poi a sbevucchiare me ne sono tornata a casa tutta sola per le strade del centro, canticchiando fra me.
Ho attraversato Santa Croce, come al solito ripiena come un uovo di turiste seminude e pozze di vomito e poi mi sono incamminata per le viuzze deserte di là d'Arno, deserte e semibuie, tranne che per pochi, rari lampioni. Erano quasi le tre di mattina.
Mi sono ricordata di quanto mi rende felice passeggiare da sola di notte, di quanto è meraviglioso, anche se l'aria è freddina e umida e taglia sugli zigomi, passare come un'ombra sotto le finestre chiuse, sentire le televisioni accese mormorare dentro le case, e poi attraversare minuti interi di perfetto silenzio. Mi sono ricordata che c'è stato un periodo in cui lo facevo spesso, e mi sorprendevo a pensare, affrettando il passo, che "potrebbe anche essere pericoloso in fondo, ma è così bello".

Era parecchio tempo fa.

Prima di un sacco di cose.

(Prima di tagliarsi i capelli, prima di tre capodanni passati a esprimere desideri che non si avveravano, prima di laurearmi, prima di sentirmi le gambe pesanti, prima dei viaggi d'oltreoceano, prima del mio primo concerto di Springsteen, prima della vespa blu, forse anche poco prima della vespa rossa, prima del buon senso e della cautela, prima dei miei lunedì tormentati...)

Va bene così. Perché oltre a tanti prima, adesso ci sono anche una serie di dopo.

Eppure in pancia quella sensazione di libertà dell'essere sola soletta per strada alle tre di notte, senza nessuno che sappia dove sono e senza risposte da dover dare, quella non è cambiata.

Solo la mia faccia è cambiata un po', ma quella è un'altra storia.

venerdì 6 novembre 2009

La torre di Babele (cit.)

Questa specie di mezza luna che spunta dai nuvoloni neri lascia sperare che domani non diluvi, per lo meno non tutto il giorno.
Ho vinto due volte a spider. La terza non l'ho provata. Mi bruciano troppo gli occhi.
Ho perso un ricordo, lo scorso lunedì. L'ho perso mentre guardavo da una finestra al quarto piano di un palazzo fiorentino. Ha preso il volo da lì.
Non mi importa più.
Non lo cerco più.

In questi giorni studio tantissimo, e non scrivo una riga. Letteratura di diaspora, letteratura di lingua inglese, letteratura post coloniale: una letteratura senza nome e con mille nomi diversi. Scopro che ci sono cose antiche che in realtà sono modernissime e viceversa. Mi sdraio sul letto fra le due e le tre di notte e penso a quante cose ho letto e studiato senza mai davvero raccontarle a qualcuno.
Penso che non ho mai studiato delle cose che potessi raccontare a qualcuno.
La si può guardare anche dall'altra parte: io non mi sono mai circondata di persone che studiassero le stesse cose che studio io. Quando ho iniziato il master mi sembrava impossibile che certe cose si potessero condividere.

Ora che il master è praticamente finito mi scopro a pensare che questa cosa in realtà in me non è cambiata. La dimensione privata dello studio è rimasta tale e quale. Ma la passione per la traduzione ha cambiato invece un'attitudine: a dispetto di tutti i luoghi comuni, non è possibile tradurre senza condividere. C'è bisogno continuo di scambiarsi parole, etimologie, modi di dire, dialetti, lingue. I vocabolari sono infiniti.

Da una parte c'è l'OED, così imponente e faticoso da tenere sulle gambe, però con quel profumo irresistibile ogni volta che lo sfoglio.
Dall'altra le parole che ho collezionato in una vita, tutte, tutte quelle dei libri, tutte quelle della famiglia, tutte le parole d'amore e tutte le parole d'odio, tutte le parole che porto con me da sempre.

La Babele più straordinaria è dentro la mia testa.
E serviranno tutte le parole possibili.
Anche se poi dico a una cliente "signora sto processando il suo ordine" (e poi scoppio a ridere chiedendo scusa).
Anche quando il nuovo aiutante di mia madre le dice "la gatta è bellissima! Ma ha troppi capelli.."
Servirà anche pensare alle parole che ho saputo dire e che non ora so dire più.

(Non è colpa tua. Non è colpa tua. Non è colpa tua tua, tua.. non è..)

Ho fatto più di un funerale in quest'ultima settimana.
Per ogni funerale avevo delle bellissime parole segrete da pronunciare.

Non mi importa più di tantissime cose.
Ma ce ne sono alcune da cui non mi so separare.

lunedì 26 ottobre 2009

cristallo

Ogni volta che appunto la matita penso a che bel movimento fa il legno sotto la lama, a come si trasforma in un foglio sottile e ondulato, e a come potrei girare e girare per un tempo indefinito e stare a guardare quella ruota finché non si spezza.

-Guardami, non ti capierà più di vedere le cose così chiaramente. Così vedi com'è. Il groppo in gola, il respiro mozzato e lo sguardo che vaga nel punto più lontano possibile da me.
-E' tremendo, ho visto il tuo corpo contrarsi e fuggire rimanendo esattamente immobile nel posto in cui è.
-Te lo dicevo.


Qua dentro nel pomeriggio la luce entra di taglio, e si ferma esattamente sui libri. Oltrepassa le foto e il barattolo delle penne. La pianta fa un'ombra sul soffitto che sembra un ricamo. Tutto quello che c'è qui intorno prende un colore inconsueto, che non gli appartiene veramente. Ho provato cento volte a fermarlo con la macchina fotografica, ma la foto normalizza tutto e lo riporta ai colori standard. Di sicuro è perché non sono brava abbastanza a fare le foto.
Oppure perché quel colore è quello che vedo io, e dentro la mia testa, dentro i miei occhi, le cose non sono come fuori.

-Mi devi spiegare perché ti senti così strana, così fuori posto, così scombinata.
-Devo?

-Non è così, non lo capisci?

-No.

-Quand'è l'ultima volta che sei stata felice?

-felice?


Temperatura minima otto gradi, massima ventidue.
Primavera al pomeriggio e autunno alla sera. Cielo sereno, vento debole. Un cane che abbaia in lontananza. Chet Baker.

Gesti consueti, il consueto logorio.

martedì 13 ottobre 2009

naked

Bicchiere di birra fra le mani, sciarpona sulle spalle, mi riprendo dalla giornata e giro lentamente il collo in tutte le direzioni.
Questa è la mia mezz'ora di nulla, dopo aver cucinato verdura bollita, lavato i piatti, sistemato i panni nell'armadio e dato acqua alla piantina.
La mezz'ora di birretta, di scarpe lanciate sotto il letto, di candela al sandalo accesa, di vagabondaggio su internet, di jazzino e telefono spento.
La mezz'ora in cui smetto di correre nella ruota del criceto, apro la porticina della gabbietta e aspetto che la testa smetta di girarmi. Questa è la mezz'ora in cui non mi vergogno di piangere.
Tanto nessuno mi vede e nessuno mi sente. Lascio che la stanchezza mi coli via sulle guance e aspetto, paziente che passi.

Questa è la mezz'ora in cui la biondina è nuda ed entra in un' altra gabbia.

Inutile bussare a quella porta, non apre nessuno.
Il calore, i sorrisi, la fiducia, sono tutti banditi.
E' un gioco molto duro, e bisogna essere tenaci.
E io lo sono, e resto dritta, ma non posso proprio restare anche di buon umore.
Faccio tutto il possibile, ma sono sempre un po' assente.

All'alba, stamattina, ho spalancato la finestra e mi sono accorta che era arrivato il freddo.
Un freddo pungente e salubre che mi ha spezzato il respiro, e mi ha invasa tutta.
Correnti che arrivano dalla Russia, dice la radio.
La notte e un sogno faticoso mi sono evaporati dalla pelle e il taglio sull'indice che mi sono fatta con la carta ha iniziato a bruciare.

Ci sono, è vero, dei momenti in cui ancora mi sento di questo mondo.

venerdì 9 ottobre 2009

ottobre fin qui (elenco, perché non sono capace di far di meglio)

  • Cadono le foglie, non accenna a diminuire il caldo, nemmeno oggi che piove.
  • Leggo, per motivi complicati, stralci di Gramsci e Calvino e Pasolini e altri e mi amareggio pensando al panorama culturale del mio paese oggi.
  • Ascolto i Notwist e altre cose analoghe. Non so perché, va chiesto alla scelta casuale dell'I-pod.
  • Leggo compulsivamente le pagine dei giornali. Perché? Fa parte della mia personale pazzia (una delle mie personali pazzie), ed è un misto di gusto dell'orrido e di inspiegabile speranza che qualcosa, anche una cosa piccolissima, migliori, o non mi appaia completamente delirante.
  • In questi giorni mi fa un po' paura tutto. Un po' di paure sono sensate, un po' sono totalmente irrazionali, come tutte le paure.
  • Non ho fame.

mercoledì 30 settembre 2009

cristallo


oggi ho dato la disdetta alla proprietaria della casa in cui vivo.
Lascerò la casetta di San Frediano il 31 dicembre.

Come se tutto non fosse già abbastanza simbolico.

martedì 22 settembre 2009

September's here again

Durante il mese di Settembre di solito ascolto David Sylvian. Questo mese invece ho fatto lo sciopero dell'I-pod, anche durante l'ennesimo viaggio in treno, anche quando mi sono resa conto che le mie compagne di stanza spegnevano la luce troppo presto e leggere fino a tardi non era possibile. 
La Svizzera è fredda e troppo ordinata.
Non ci ero mai stata, per me la Svizzera era un'immagine in un romanzo di Fitzgerald.
Sotto l'ostello ci passava un treno, e per strada si incontravano solo scrittori e partecipanti agli incontri con gli scrittori. E poi c'eravamo noi con tutti i nostri fogli e le borse e il bisogno di tè caldo alle quattro. E ogni tanto ridevamo come bambine in gita.
E una sera ho ordinato l'insalata caprese e mi hanno portato un piatto di pomodori e fontina.
(Invece adesso la radio sta passando The Sound of Silence, e anche questo mi sembra significativo.)
Sono sotto la coperta e dovrei già dormire, ma stasera c'è qualcosa che non me lo permette. 
Mi è stato molto delicatamente detto che finché non mi decido a vomitare lo stomaco non tornerà a posto. 

(-Ma dai, forza biondina, mica mi vorrai dire che sei triste adesso...
-no... non sono triste...
"No... the blues are because you're getting fat or because it's been raining too long. You're just sad, that's all. The mean reds are horrible. Suddenly you're afraid and you don't know what you're afraid of. Do you ever get that feeling?")

mercoledì 9 settembre 2009

corsa a ostacoli

Mi va bene tutto: il doppio lavoro è benvenuto, il non avere internet a casa per scempiaggine della coinquilina pazienza; dover andare in biblioteca dopo cena perché il malloppo di traduzioni cresce come una bella piantina fertilizzata; il negozio che esplode di merce che arriva e di ordini, (certo, che mi aspettavo, è settembre) e persino il mio essere impacciata e lenta nel lavoro nuovo mi va bene, lo considero parte del gioco.

Ma la tristezza che mi cammina sul collo con le zampine di un gatto non l'aspettavo.
Credevo che sarei stata troppo stanca anche per quella.
Invece il mio cervello in vacanza non ci va mai, e quello è un po' il problema.
Sono euforica dalle otto del mattino alle dieci di sera.
Poi... puf!
Il corpo crolla di stanchezza e la mente se ne va a spasso nei territori della malinconia.

venerdì 4 settembre 2009

pensieri freschi

Ho di nuovo i capelli corti, un taglio che mi piace un sacco, e ho di nuovo milioni di compiti da fare in attesa del prossimo viaggetto studio che non è poi così lontano.

Oggi mi sono divertita a vedere le ciocche che cadevano alle mie spalle e il parrucchiere bravissimo che impugna le forbici con indice e medio (cosa che non smette mai di meravigliarmi) mentre pensavo alle prossime traduzioni da fare. E' un periodo che la testa mi frulla di continuo e le soluzioni migliori mi vengono nei momenti più buffi.
No, tradurre non è un lavoro che si fa solo sedute davanti al computer.
Solo per la cronaca, ogni tanto le cose si muovono, anche non solo nella mia testa. Fanno una bella giravolta e poi tendono a tornare ferme, ma almeno un po' di polvere si scuote via.

Ieri sera ero brilla e un po' timida e sono andata a dormire sorridendo fra me e me.

lunedì 31 agosto 2009

settembre e una tigre

Ed ecco, anche questo mese finisce con un vento fresco che fa mettere una sciarpetta dopo cena e con le vetrine dei negozi già piene di cappotti e maglioncini.

Dal ritorno dalla Sicilia ad oggi ho scritto poco e parlato poco: sono stata una specie di tigre in gabbia, una parola e saltavo per aria e nessuno mi poteva dire o consigliare cosa fare. Certo ho combattuto con tale e tanta stupidità (e non si può vincere contro la stupidità, ogni tentativo è perfettamente inutile e frustrante) e con tanto di quel lavoro e con tanto di quel caldo che è un miracolo che l'unico risultato apparente della mia ferocia repressa sia stato un vaffa appioppato a una cliente per telefono.
Cliente persa, ovviamente. E' un piccolo regalo che mi sono fatta.

Ma oggi no, oggi tutta la rabbia, il tumulto, tutto quel fuoco sotto la pelle, come qualcuno mi ha detto una volta, è spento.
Oggi penso e basta, scrivo note a margine dei libri cerco di non farmi abbattere, dalla malinconia settembrina che bussa alla porta.

Perché l'inizio di settembre in questa città è sempre un momento sospeso e magico.
Sarebbe bello poter finalmente temperare la matita e cominciare il quaderno nuovo.

giovedì 20 agosto 2009

siesta

Una serata di chiacchiere prima del fine settimana, in cerca di un po' di sollievo dal caldo torrido della città, poi un vecchio film poi il sonno.
Ho sognato, ho fatto un sogno buffissimo, in cui ero a una festa a casa di un pubblicitario nella New York anni ottanta, e tutti eravamo vestiti à la Hepburn e con un Martini in mano.
C'era anche una piscina, e sprofondata su una poltrona rossa c'era Fernanda Pivano, con la quale non smettevo di chiacchierare che mi ascoltava e rispondeva sorridente.
(E' un saluto ufficiale, il mio, perché in un modo molto particolare le ho voluto bene, e in fondo è un pezzo di storia che se ne va. )

Firenze è ufficialmente un forno: dalla mia finestra entrano folate di aria bollente, io mangio solo insalata e non perché faccio la dieta, ma perché non riesco ad accendere il fornello quasi neanche per farmi un caffè. Intanto penso alle letture da fare e compro all'usato vecchi classici del jazz per cancellarli dall'hard disk e averli nella loro veste reale, di plastica e copertina e ringraziamenti in fondo.

Mi sento rabbiosa eppure bene, ho ancora il mare negli occhi ed è un segno buono, perché quando il mare mi accompagna e mi fa rinascere e non mi lascia amara e malinconica vuol dire che le cose sotto sotto sono a posto.
Certo molto sotto, perché nel mezzo mi arrabbio e sbraito e sudo e penso a chi me lo fa fare, di essere così vigile, invece di lasciare scorrere le cose e lasciarmi prendere dalla serenità che ogni tanto cerca timidamente di bussarmi alla porta.
Per ora non apro, ma credo nell'autunno, e in tutto il vortice di caos e impegni che si annuncia.

martedì 18 agosto 2009

com'è profondo il mare

Non so che raccontare della mia tre giorni siciliana, a parte che avevo bisogno di mare e mare ho avuto: uno dei più belli e commoventi che abbia mai visto e sicuramente in un momento della mia vita in cui sono facile a commuovermi.
Ho pensato e letto e mangiato cose buonissime e respirato sale e dormito poco.
Avevo due libri e due macchine fotografiche e niente lettore mp3.
Dev'essere per questo continuo vedere acqua intorno e pensare e socchiudere gli occhi per il sole accecante e non avere altra musica, che per tutto il tempo mi è risuonata in testa solo una canzone, anche mentre nuotavo, anche mentre ridevo e chiacchieravo, sotto sotto sempre la stessa.

Cosi' stanco da non dormire
le due di notte non c'e' niente da fare
mi piace tanto poterti toccare
o stare fermo e sentirti respirare
dormi gia' pelle bianca
come sarà la mia faccia stanca
provo a girare il mio cuscino
e' una scusa per venirti piu' vicino
provo a svegliarti con un po' di tosse
ma tu ti giri come se niente fosse
spengo la luce provo a dormire
ma tu con la mano mi vieni a cercare
tu come me
che le stelle della notte fossero ai tuoi piedi
che potessi essere meglio di quello che vedi
avessi qualcosa da regalarti
e se non ti avessi uscirei fuori a comprarti
stella di mare tra le lenzuola
la nostra barca non naviga
vola, vola, vola
Tu voli con me, tu voli con me
tu vola che si e' alzato il vento
vento di notte vento che stanca
stella di mare come sei bella
come sei bella e come e' bella
la tua pelle bianca bianca bianca.
Tu come me
Chiudi gli occhi e non guardarti intorno
sta gia' entrando la luce del giorno
chiudi gli occhi e non farti trovare
pelle bianca di luna devi scappare
dormi ora stella mia
prima che il giorno ti porti via
via via...
Tu come me
ora non voli si e' fermato il vento
posso guardare la tua faccia stanca
e quando dormi come sei bella
come sei bella e come e' bella
la tua pelle bianca bianca bianca...

[Lucio Dalla Stella di mare]

mercoledì 12 agosto 2009

wings


Ho pulito la casa, fatto due lavatrici, quasi finito la valigia. Devo ancora rigovernare i piatti della colazione e staccare un po’ di spine. Compresa la mia.

Avrei bisogno di due ali, anche piccole piccole, per sentirmi più leggera e non lasciare impronte profonde sul terreno. Ma comunque vada, vado a vedere il mare.

Parto, buon Ferragosto.

venerdì 7 agosto 2009

la brace sotto la polvere


Il mal di testa mi percuote con la violenza di un martello pneumatico e per debellarlo cerco di allungare le vertebre del collo. Nel frattempo leggo varie prime pagine di libri che ho preso negli ultimi mesi per decidere quale portare in viaggio, perché alla fine un viaggio piccolo piccolo lo farò.

Ho la testa piena di cose.
Come sempre ultimamente.
Per esempio stamattina sono stata all'Ikea, a vedere un po' di chiarirmi le idee sul mobilio minimo necessario per iniziare a vivere in una casa che è vuota. Io non vorrei comprare niente, a parte lo stretto necessario per la sopravvivenza. Tipo una cucina e sei piatti. Non voglio riempire gli spazi, anzi li vorrei il più possibile bianchi. Ed è molto più difficile del previsto, pare.
Ma non è di questo che volevo parlare.

Una ragazza con cui ho chiacchierato un po' di giorni fa all'aperitivo mi raccontava che un suo amico ha adottato la regola del possedere solo 400 cose. Quattrocento cose in tutto, incluso mobili, stoviglie, abiti, insomma tutto.
La prima domanda che tutti in coro abbiamo fatto è stata "e i libri?"
"biblioteca".
Naturalmente questo mi taglia fuori definitivamente dal gioco, perché io i libri ho bisogno che siano miei. Tanto che quando me li prestano prima li leggo e poi me li compro. Ho bisogno di poterli annotare, tenere sotto il cuscino, stropicciare nelle borse e se necessario tirarli fuori dallo scaffale in caso di raptus alle tre di mattina per trascriverne un pezzo.
Ma la teoria è lo stesso interessante. Specie per una come me incline a conservare, per dire, i biglietti del cinema.
A quanto pare la regola dei 400 oggetti serve a vivere il presente in modo più concreto, senza rimanere legati feticisticamente alle cose e di conseguenza alle nostalgie, al passato, a ciò che custodiscono più profondamente.

Se dovessi tenere solo quattrocento oggetti, libri (e dischi, dai) a parte, da cosa non mi separerei?
Dal bollitore. Da un paio di posacenere di quelli che ho collezionato nel tempo. da stampe o cartoline attaccate alle pareti.
Mentre mi guardavo intorno per scremare, mi sono accorta che quasi tutto quello che mi circonda qua dentro è un pezzo di una vita sospesa in un tempo che non è né passato né veramente presente.
Perché il presente è già futuro, come mi hanno ammonito recentemente, e il mio futuro è un puzzle che conosco solo io.

E ho capito che una piccola brace si è spenta, mentre facevo questa considerazione.
Ha sfrigolato e si è spenta, in un ultimo leggero sbuffo.

giovedì 30 luglio 2009

la straniera

Ieri, quindi, ho firmato il compromesso per la nuova casa.
Ne possiedo, al momento, la porta e una delle quattro mura, poco più di un terzo, ma ieri mi sono impegnata con due sole firmette a comprare anche gli altri due terzi.
Il notaio, curvo e magrissimo, sembrava un personaggio della Disney, così pallido e scuro. Mi guardava con quegli occhi a punta nerissimi e ogni tanto faceva una battuta, con un umorismo che ho davvero apprezzato, per niente scontato e con tempi comici perfetti.

L'ho apprezzato anche perché la mia mente era completamente bianca.
L'aria nella stanza sembrava rarefatta, insufficiente per tutti i presenti. Non provavo nessuna emozione, non riuscivo a parlare, riuscivo solo a guardare la mano di mio padre, appoggiata, come sempre quando è teso, sulla gola, nell'immaginario gesto di chiudersi il colletto della camicia.

Poi ho firmato. La prossima firma al 30 novembre, e allora la casa sarà mia.
Ho comprato il gelato, più tardi, per portarlo a cena dai miei. Ho pensato che era il caso di festeggiare in qualche modo.

Ma il problema in tutto quello che faccio in questo periodo è che mi sembra di vivere senza avere un corpo. Scrivo con mani che non riconosco, cammino guardandomi continuamente i piedi per essere sicura di averne ancora due, le mie gambe mi appartengono solo perché le sento pesare alla fine della giornata, quando con dita non mie le spalmo di crema idratante.
I miei pensieri sono l'unica cosa reale, sembrano oggetti solidi che appoggio ogni sera sul comodino, accanto alla sveglia coi numeri rossi, anche se non me ne libero mai veramente.
Li porto dietro nei sogni, nelle poche ore di sonno.

La mia vita si è trasformata così, in una specie di nuvola che mi segue fatta di ombre di cose pensate e non dette, lette e non raccontate, scritte e buttate.
Non so di preciso cosa provare a riguardo.

giovedì 23 luglio 2009

come si fa?


La scorsa è stata una settimana bella, sempre abbastanza incasinata, ma ero piena di voglia di fare delle cose.
Ho visto un concerto che è stato un sogno, e una città meravigliosa sotto una luce che mi ha stecchita. Ho visto anche una cara amica che vedo troppo poco, e mi sono sentita bene, a casa, stanca ma bene.
Questa settimana che è a metà è un po' più problematica.
E' vero che sono arrivate confortanti conferme che il mio lavoro procede bene, e che tutto il sudore e le lacrime a qualcosa servono.
Però è anche vero che continuo a non dormire e ad avere la gastrite. E sono stanca di contorcermi senza poter spiegare davvero perché mi contorco.
Il motivo per cui mi contorco, fra l'altro, non è quello che sembra.

Il mio corpo ha bisogno di una pausa, ma la mia testa non la vuole, una pausa.
Allora come si fa?

Come si fa, poi, se uno ha questo oroscopo qui su Internazionale?




Capricorno (22 dicembre - 19 gennaio)

Brucia il libro dell’amore che hai usato negli ultimi anni, Capricorno, anche se solo metaforicamente. Non è un atto di censura, ma una liberazione dalla tirannia delle favole che ti spingono ad accettare meno amore di quello che meriti e a darne meno di quello che dovresti. Immagina di poter affrontare con più maturità gli intricati enigmi del cuore. Quando quello vecchio sarà diventato cenere, cerca un nuovo Libro dell’amore. O meglio ancora, scrivilo tu. Un buon titolo potrebbe essere “L’amore non supera tutti gli ostacoli, ma già il 60 per cento non è male”. Un titolo sbagliato, invece, è “L’amore non fa schifo”.

sabato 18 luglio 2009

vento d'estate


Fa freddo e tira un vento gelido nonostante il sole cerchi di curarmi la faccia.
In motorino le folate mi spostano usando il parabrezza come vela, e la sciarpa si srotola e vola all'indietro.
Intanto studio un'autrice Jamaicana che mi fa venire voglia di mare e cibo speziato.

Sono nervosa: è colpa del vento.
Il vento fa impazzire la gente, a me crea un batticuore costante, una specie di elettricità sotto la pelle.

Sono arrabbiata: è colpa delle notti che passo e delle canzoni che ascolto.

Domani sono di nuovo in trasferta, perché questa estate è fatta così, di cose veloci e bellissime che intervallano giornate sfiancanti di studio e lavoro.

I pensieri mi assorbono, il mare è lontano.

sabato 11 luglio 2009

what a night

il freddo, il vento dieci minuti di pioggia che ci hanno terrorizzati.
poi questo.

(.. e poi una telefonata e poi tanto altro ancora. Ma ne parlerò poi...)

venerdì 10 luglio 2009

antenne

Oggi ho avuto mal di testa tutto il giorno e ancora, a dire la verità, non se n'è andato del tutto.
Le mie antenne (altrimenti dette "sembro solo, scema, ma in realtà capisco/vedo/percepisco al volo") brontolano e so per certo, come se l'informazione mi fosse passata da qualche poro della pelle, che sta succedendo qualcosa.

Ma non è per questo che, come al solito, non riesco a dormire. E' perché domani è un giorno importante.
Da domani potrebbe succedere che per la prima volta in trentuno anni qualcosa mi apparterrà definitivamente. Domani potrei cominciare una specie di strana vita diversa.
Domani è anche il giorno in cui -non prima di aver pagato pegno e lavorato tutta la mattina- vedrò uno dei due concerti dell'estate, uno di quelli che mi mancavano e che volevo vedere da tanto tempo. La compagnia è buona. Spero che ci sia il sole.

Intanto c'è la luna, qua dentro, e mi invade tutta. E sotto la luna ho deciso, giocandomi così definitivamente ogni possibilità di vacanza estiva, di investire altri soldi nella mia folle idea di fare la traduttrice da grande.
Servirà?
Il fatto è che nessuno sa mai cosa serve sul serio, eppure ogni tentativo serve a qualcosa, fosse anche solo ad avere qualcosa in più da raccontare o da raccontarsi.

mercoledì 1 luglio 2009

the doctor is in


E i medici arrivarono subito, uno dopo l'altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un Grillo-Parlante. -Vorrei sapere da lor signori,- disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio -vorrei sapere da loro signori se questo disgraziato burattino sia morto o vivo!...- A quest'invito il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio: poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand'ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole: - A mio credere il burattino è bell'e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo! - Mi dispiace- disse la Civetta - di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero! - E lei non dice nulla?- domandò la Fata al Grillo-Parlante. - Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. [...]

sabato 27 giugno 2009

istrice

Della notte bianca in San Frediano mi interessano solo due cose:
la prima è che non c'era parcheggio già a cinque isolati di distanza da casa;
la seconda che non riesco a studiare.

Sono ufficialmente una vecchia rompiballe.

Come tale domani sera lascerò la casettina per recarmi alla sagra del fiore di zucca fritto, tempo permettendo.
Come tale mi do il permesso di essere triste, snervata dalle precarie condizioni economiche, stanca e desiderosa di silenzio.

Punto a favore del mio lato ancora giovanile è, invece, la sfuriata mostruosa avuta a cena dai miei con lo zio, al quale voglio un bene viscerale finché non si parla di politica e di scuola.
Credo di aver detto, a un certo punto, qualcosa di molto violento. Non mi ricordo cosa, ma mi si è materializzata sopra la testa una bolla di silenzio stupefatto, mentre il mio babbo fissava il piatto per non far vedere che gli veniva da ridere sotto il baffo ormai bianco.
Fortuna che mi avevano avvertita di non raccogliere provocazioni.

le note salienti del fine settimana, dunque, sono:
cinque ore di lavoro extra saltate fuori e non pagate;
tre pagine di sudatissima traduzione letteraria di cui sono convinta a metà;
il tecnico che ha revisionato la caldaia che ha lasciato a me e alle coinquiline un biglietto nella buca della posta, che diceva "chiamatemi! " con tanto di numero e recapito facebook;
dieci pagine di moduli da compilare per un rimborso spese;
due nubifragi sulla mia città;
due notti completamente insonni passate a leggere.

Oh, yes week end.

giovedì 11 giugno 2009

next

Forse adesso straparlo, perché sono ubriaca.
Sono così tanto disabituata a uscire e bere qualcosa che non sia la birretta dell'aperitivo, che adesso mi basta una cosa qualsiasi che mi gira la testa, e vedo le lucettine dei semafori come quelle di una discoteca, e per fortuna che ero vicina a casa, giuro che non lo faccio più. Non so nemmeno se attribuire il tutto all'ubriachezza o a questa stanchezza mostruosa, (mostruosa? Come vorrei una parola più appropriata per descrivere questo macigno che ho sul collo, queste mani gonfie, questi occhi perennemente lucidi e questa schiena che scricchiola e tutti questi risvegli alle sette del mattino, quando apro gli occhi dopo averli chiusi due, massimo tre ore prima e desidero che il tempo si fermi) a questa mostruosa iperattività e a questa tristezza.
Tristezza? No.
Questa cosa è diversa dalla tristezza.
E' diversa perché non sono triste. Perché non mi manca niente, a parte un po' di vile denaro. Il cuore mi batte ancora, una vecchia locomotiva sferragliante, e ho un bel desiderare di anestetizzarlo per sempre, quello va, non sono mai riuscita a fermarlo.
Non è tristezza la mia. E' una patina che mi è scesa addosso, come quando c'è tanta nebbia e ti si bagnano i vestiti, come quando non fai subito la doccia dopo un bagno al mare e il sale ti si secca dappertutto.

E' la serena disperazione, (che definizione perfetta, che poeta meraviglioso, come dire di più in due parole?) una specie di pelle nuova da cui non si esce, è il desiderio rimasto in sospeso, gli amici che ti mandano amorevolmente a cagare e ti dicono "vai, vai, vai!" la vita che va avanti e non si cura di te, e tu che corri e cerchi sempre di stare al passo eppure ti ritrovi sempre un passo indietro, sempre con una battuta di meno, a respingere i colpi che arrivano senza accorgerti che non puoi, che uno o l'altro ti colpirà dritto in faccia, o alle caviglie, ma che comunque non potrai schivare tutto.

E' la voglia di cambiare e l'epifania di un attimo in cui ti accorgi che il cambiamento è già dietro le tue spalle. E' una lingua nuova, da imparare dal nulla, senza grammatica e senza regole, solo con l'aiuto della tua pancia che si sa, sbaglia dieci volte prima di farti prendere la via giusta. Però è un motore ancora buono.

E' una tazza di tè, preparata la sera dell'11 giugno, che fuori fa un caldo tremendo, ma che ti farà tornare lucida, forse, chissà, per studiare ancora quelle due ore che ti mancano per essere pronta, prontissima, in prima fila per il prossimo sbaglio.

telegrafico

oggi è così. A ripetizione, da vera autistica, dalle 9 di stamattina.

domenica 7 giugno 2009

life in colours

Oggi è quasi tutto azzurro
la vespa è blu.
i miei nuovi sandali sono azzurri e sono strepitosi e impudichi.

E io..

no, oggi va quasi tutto bene, anche se è quasi tutto azzurro.

domenica 31 maggio 2009

addictions


Sola in questa casa non mia, leggo.
Penso, bevo litri e litri di acqua, mi stiro le gambe.
Ho appena finito un lavoro, adesso non riesco quasi a muovere un dito.

Accendo un'altra sigaretta. Vorrei avere l'energia per mettermi a studiare ancora un po'. Invece leggo, mollemente stesa fra un cuscino e un bracciolo del divano più scomodo della terra, leggo frammenti e poi abbasso il libro, anche per dieci minuti interi, mentre un po' d'aria si infila nella stanza dalla finestra socchiusa.

Lascio decantare e mischio quello che leggo a quello che penso, e poi per lunghi istanti non penso proprio a nulla e mi guardo la mano destra, che sembra persino un po' abbronzata, e il colorito fa risaltare un po' di più il cerchio d'oro dell'anello.

E' molto tardi, considerata l'ora del mio risveglio di questa mattina.

Ho parlato con una persona simpatica per quasi un'ora, anzi per un'ora e venti, confrontando delle cose e sorridendo ogni tanto. Ogni tanto mi subentrava un imbarazzo strano, più che imbarazzo una ritrosia, il classico segnale di allarme di quando mi sto aprendo troppo, e facevo subito marcia indietro.
A un certo punto abbiamo detto quasi in coro "tanto ormai non mi fido più di nessuno".
Poi ci siamo messi a ridere, al pensiero di che bella vecchiaia da brontoloni ci stavamo preparando. Ci siamo salutati dopo un'ultima sigaretta.

La mia mente è di nuovo corsa lontano a tutti gli impegni, a tutte le cose da fare a tutte le strade da percorrere. Lasciarsi andare a certi piccoli piaceri, anche quello di una chiacchierata rilassata, crea una sottile dipendenza. Istilla la possibilità di rimandare qualcosa a dopo, di potersi permettere il lusso del tempo. E io non ho tempo per le dipendenze, nemmeno quelle piccole, a meno che, come una sigaretta, non possano essere consumate fra una corsa e l'altra, fra un bus e l'altro, fra una consegna e l'altra, in non più di sette minuti.
E ormai, anche di ogni sigaretta, ne butto via almeno la metà.

martedì 19 maggio 2009

conclusione del ragionamento

I fatti sono tanti.

Il fatto è che non scrivo più e che non vado più al cinema. Le due cose che amavo di più e che ho sempre fatto, cascasse il mondo, anche in piena depressione e in pieni tumulti esistenziali e/o ormonali.
Il fatto è che non credevo che si potesse essere così stanchi da non riconoscere la propria faccia la mattina e che non credevo che mi sarebbe successo di passare una serata intera a piangere al telefono con l'amico lontano, senza sapere perché, ripetendo come un disco rotto sempre le stesse due frasi, una delle quali era "scusa ora smetto" e l'altra "non so che mi prende".
Il fatto è che oggi al concessionario non volevo nessuna vespa, volevo solo andare avanti a trascinarmi a piedi e in autobus per la città perché nessuna vespa mi ridarà la mia -lo so, è una cazzata sentimentale, lo so- e soprattutto nessuna vespa mi ridarà l'euforia del momento in cui l'altra vespa è arrivata, lo spumante stappato, l'estate che arrivava e la foto in bianco e nero che mi sono fatta scattare il giorno dopo a cavallo del nuovo destriero.
Il fatto è che ho un sacco di progetti bellissimi, un sacco di gratificazioni, un sacco di cose da fare e un sacco di capacità (e quanto tempo era, signora mia, che non mi facevano notare che ho delle carte, sul serio, nel mio campo e non in dieci altri che non c'entrano niente? secondo me si torna indietro veramente di almeno dieci anni, senza scherzi) e non mi va di raccontare niente a nessuno, e forse non serve, forse non sono nemmeno capace di raccontare queste cose.
Il fatto è che viaggio come una trottola e che sono sempre in treno.
Che Torino mi è sembrata bella, ma siccome viaggio sempre come una tartaruga con cinquanta bagagli sulle spalle, anche il week end a Torino è stato carico di ombre. E lo stesso varrà per Venezia, la prossima settimana, anche se per fortuna le mie ombre me le porterò dietro da sola perché -lo dico una volta per sempre- non sono in grado di muovermi in branco.
Il fatto tirando le somme è sempre uno solo.
Che la nuova valigia rossa e le passeggiate all'alba in giro per la mia città, e tutte le cose belle, e tutte le persone belle, non bastano a impedirmi di odiare me stessa.

Ed è una fatica tremenda, davvero, anche se ho delle ottime ragioni.

mercoledì 13 maggio 2009

A quanto pare l'attività prevista per la giornata di oggi era "distruggi i ricordi felici".
Se lo sapevo mi organizzavo.

domenica 26 aprile 2009


Dopo una sera bella e mite di risate e ore piccolissime, do un lungo malinconico addio alla mia adorata vespa rossa e a tutte le cose belle che abbiamo fatto insieme.

Ciao.

martedì 21 aprile 2009

cristallo

Non si sa bene cosa mi succede, ma sono sempre a mille e parlo troppo o troppo poco. Certe volte vorrei avere il dono della parola perfetta al momento giusto, anzi, lo vorrei molto molto spesso ma non ce l'ho. Sono una persona calma e abbastanza riflessiva. Sono sempre stata di gusti molto difficili, ma non me la sono mai veramente tirata, ho sempre cercato di non essere sgarbata né di mortificare la gente, ho sempre cercato di fare una battuta o di sdrammatizzare sulle tensioni perché è un po' il mio modo di affrontarle, ruminarle silenziosamente nelle quattro mura della mia testa. Eppure mi succede sempre più spesso di non sopportare nulla.
Tendenzialmente al cretino che ti molesta ripetutamente al concerto di sabato sera avrei detto qualcosa di scherzoso e me ne sarei andata. Stavolta sono stata acida. Non solo: quando il cretino inzuppato com'era nel rum ha osato toccarmi gli ho dato uno spintone che lo ha fatto sclerare. E meno male che c'era la mia amica Carlà che l'ha presa più a ridere di me, così ce ne siamo andate.

Nessuno
mi può toccare.

E non ho voglia di spiegare perché, non mi va e basta.
Solo, tu non mi tocchi, punto.
E a momenti l'altro giorno lo dicevo anche a lui, qualcosa del tipo "oh ti prego, lasciami in pace, smettila, smettila di rigirare il coltello nella piaga..." e lui, che è furbo, mi guarda e mi dice "ora stai pensando ma questo che cazzo vuole da me...".
E mi sono vergognata, perché per un secondo l'avevo pensato davvero.
Poi ho smesso di vergognarmi e mi sono sciolta come un gelato, e mi sa che era proprio quello che volevo evitare.

Ma sono così, in questo periodo. Dura come un quarzo il 90% del tempo e poi, in alcuni rari attimi, perfettamente liquida.

giovedì 9 aprile 2009

Do you mind?


I miei amici fanno figli incantevoli, gli agenti immobiliari continuano a dirmi che questa o quest'altra casa va bene anche se decido di fare un bambino.
Certe faccende, che sembrano rientrare nella natura (proprio biologica) delle cose, non mi riguardano più.

Io voglio solo andare in giro più che posso, leggere più che posso e lavorare.

Posso?

sabato 4 aprile 2009

roots

Ho appena finito di vedere Le notti bianche di Visconti (colpevole, non l'avevo mai visto) e con il cuore che mi batte a mille per quell'intensità e quel bianco e nero che è come una lama alla gola, mi do la crema idratante alle mani e porto via tutto quello che c'era di secco in questa giornata.
Treni sporchi, stanchezza, lavoro, e ora quel baccano in cucina, niente mi sembra un sacrificio adesso. Anzi non lo è sembrato mai, ma solo adesso me ne rendo conto.
E' la fine di una giornata intensa e dura, certo, ma fatta di gratificazioni vere, e di desideri che prendono forma.
E che buffo desiderare qualcosa così tanto e in un modo tanto solido in questo momento della mia vita, proprio in questo momento invece così caotico.
Ma ci sono, sono presente alle cose e a me stessa, con una punta d'orgoglio di cui mi vergogno, che fa capolino lo stesso, perché gli altri possono intromettersi e cercare di smontarti quanto vogliono ma quando trovi dentro di te una consapevolezza così radicata, difficilmente gli eventi riescono a estirparla.


e stamattina, (cioè diciannove ore fa, forse dovrei dire la scorsa notte) svegliarsi così.

venerdì 20 marzo 2009

Will I?


Indosso un ciondolo che mi faccia da zavorra.
Il vento soffia prepotente da nord.

mercoledì 4 marzo 2009

saltata in mente

(...dice che era un bell'uomo e veniva.. veniva dal mare... )

lunedì 2 marzo 2009

lividi

Mi importa solo delle parole. Passo le mie giornate a ripercorrere, riscrivere, rileggere, rileggere e riscrivere cento volte, mille volte, parole. Mi importa solo di quello. Mi circondano e riempiono ogni mio spazio. A volte passo minuti, forse ore, ore notturne e silenziose, a guardare i numeri rossi che scorrono sulla sveglia digitale. La mia mente sta immobile e ripensa a tutte le parole della giornata. Di solito ne emergono alcune, come alghe che restano impigliate nel flusso della corrente. E ognuna si allarga a dismisura e si trasforma in qualcosa di solido.
La parola "splendida", nel messaggio di venerdì. Che splende, che è colpita dalla luce, che produce luce, che irradia. Freschezza, salute, giorno. Una parola usata casualmente. Una parola che rivela. Rivela, ri-vela, toglie il velo, svela, rende chiaro. Chiaro. Di nuovo luce. Di nuovo. Posso andare avanti a catena per ore. E' come se fosse tutto intorno, tutto visibile solo che va saputo cercare.
Gli oggetti parlano.
Il piumone da sprimacciare (domani, domani lo faccio) con le sue pieghe soffici che mi inghiottono ogni sera e quel colore, verde, anzi no: verde oliva chiaro. Conosco ogni piega del mio piumone e la so nominare. Le figure natalizie dipinte sulla tazza da tè che continuo ad adoperare anche se è fuori stagione perché è la più grande che ho. Un babbo Natale pieno di riccioli e intarsi rossi che mi guarda dalla porcellana, sopra uno sfondo geometrico di rombi azzurri e bianchi. E sul manico una decorazione di agrifoglio con piccole bacche rosse. Il vaso di vetro martellato a forma di uovo, senza fiori. Le pile di dizionari con quell'aria composta e autorevole che nascondono, fra le pagine, cartoline colorate e foglietti. Voglio essere capace di descrivere tutto con gli occhi chiusi.
Ho migliaia di parole nuove dentro la testa, e usciranno. E non mi importa più di altro.
Se la faccia è stanca, se mi sembra di avere cento anni, anzi, di essere una di quelle tartarughe centenarie che hanno già imparato tutto, tranne come fare a morire, e ripercorrono meccanicamente le stesse azioni ad ogni ciclo vitale, perché fanno parte di loro, del loro modo di interpretare la vita. Mi importa del ricorrere delle parole, che è il mio modo di interpretare la mia vita. Le parole "anch'io" che sgorgano in mezzo alla strada umida e scura e aprono a metà quel buio con un chiarore. "Anch'io" con quel suono duro in mezzo a tante vocali che lo fa sembrare il verso di un uccello. E anche "addolcire" con la doppia e la "c" morbida che già da sola sembra un cioccolatino.
Mi importa soprattutto delle parole che non so pronunciare. Del non saper descrivere l'uomo delle pulizie che lavorava all'alba dietro un vetro smerigliato, e il suo muoversi con lo spazzolone sembrava una danza, e ho creduto per qualche secondo che lo fosse davvero. Del freddo in mezzo alla fronte sul treno gelato delle sei del mattino. Dei capelli corti che non posso più attorcigliare sull'indice. Di tutto il morbido che ho sistemato intorno a me, maglioni, lana, cuscini, fodere di libri. Tutto per non dover parlare della mia durezza. Per non saper pronunciare la mia rigidità. Per attutire i colpi, eppure ho di nuovo le gambe piene di lividi e non so mai come me li sono fatti.



Scendo giù
a prendermi un caffè…
…scusami un attimo…
passa una mano qui, così,
sopra i miei lividi…
…ma come piove bene sugl’impermeabili…

lunedì 23 febbraio 2009

one week, two poems













[...]
And now it is now

and the dark thing is here,

and after all it is nothing new;

it is only a memory, after all:
a memory of a fear,
a yellowing paper child's fear

you have long since forgotten

and that has now come true.


Margaret Atwood, Waiting




Il gatto soriano

da scaltro sovrano

ci porge la mano

con occhio lontano


Toti Scialoia, Versi del senso perso

giovedì 19 febbraio 2009

dopo la notte


Sono appena stata a ripassarmi con l'evidenziatore.
Ho deciso che me ne sbatto dell'insonnia e voglio una settimana brillante.

mercoledì 11 febbraio 2009

breathless


Se non si ferma questa corsa forse inciamperò.
Il terzo lavoro accettato in tre giorni, il negozio che è diventato popolare come la Rinascente (e ai clienti si aggiungono tutti gli ordini primaverili, tutti i rimasugli di inventario, i cartoni da chiudere con dentro gli avanzi del Natale e quelli da aprire con tulipani e primule) il master, i lavori extra (tre appunto) che devono essere pronti per ieri, i miei lunedì distruttivi.

Ho comprato un biglietto di un concerto e un biglietto aereo, però. Due biglietti che mi ricordano quali sono le cose importanti e che certe priorità vanno protette.
Poi ci sono altre cose importanti.

Un po' più lontane, un po' più complicate.

C'è anche una postilla da aggiungere.
Non mi vorrei aggiungere a tutto il baccano che si è fatto sul caso Englaro in questi giorni.
Quel che si è visto e sentito è più che sufficiente a disgustare abbastanza chiunque sia dotato di cervello pensante. Dirò solo che ora so per certo, semmai non lo avessi saputo prima, che questo paese è totalmente amorale, apolitico e privo, temo, della possibilità di essere salvato.
In tutti questi giorni in cui chiunque apriva bocca e diceva la sua, io pensavo a Eluana e, forse ancora di più, a suo padre, un campione di civiltà e di eleganza, una persona per bene, che ha avuto il torto di cercare giustizia in questo paese, dove le cose si fanno sempre sottobanco e sotto coltri di perbenismo ipocrita.
Al suo dolore e al suo coraggio vanno i miei pensieri e la mia grande stima.

giovedì 5 febbraio 2009

ora è tutto secco, ma..


ti ho incrociata alla stazione
che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo
i giornali in una mano
e nell'altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco al tuo assassino.

[F. De André, Se ti tagliassero a pezzetti]

giovedì 29 gennaio 2009

strano ma vero


(star bene a volte sembra impossibile quasi quanto immaginarsi Mark Lanegan che con quel suo vocione canta I Get A Kick Out of You. Eppure son cose che capitano)

lunedì 26 gennaio 2009

falling


la domenica è il peggiore dei sette.
(anche quando il sabato è durato 23 ore e ha avuto un finale così bello)

dopo le ventitre ore, stanotte mentre dormivo, una delle mie foto incorniciate si è staccata dal chiodo, è crollata, ne ha tirata giù un'altra e ha fatto un baccano da fine del mondo.

Certe volte le cose accadono stranamente, ma in fondo te le aspetti.

martedì 20 gennaio 2009

(nota dall'aperitivo)


"..ecco... siamo come quei criceti norvegesi che si suicidano in massa quando sono troppi..."

lunedì 19 gennaio 2009

storming

Metto braccialetti che suonano e porto sempre i tacchi alti. Anche quando devo correre dietro un treno alle sei di mattina. E non esco mai senza trucco.

Così maschero la mia faccia, sento forti e chiari i miei passi, e ogni movimento che faccio, dallo scrivere un appunto al tranciare di netto rami di plastica e metallo con le tronchesi, fa un rumore di campanellini.

Così mi trovo, anche quando sono persa in motorino nel nubifragio delle quattro su un viale trafficato e buio, in una zona della città che mi ha sempre fatto paura e adesso mi è indifferente. E’ solo un luogo come un altro. E’ dello stesso colore e dello stesso sapore di tutto il resto.

Potrei cadere, perché corro e perché sono distratta, ma è la mia libertà, una libertà piccola ma vera, quel motorino che mi permette allo stesso tempo di sedermi un attimo e di muovermi.

Non mi siedo mai.

Non mi do il tempo nemmeno di pensare che potrei sedermi un attimo.

Qualcuno tenta timidamente di riempire i crepacci che mi si sono aperti dentro, ma non ce la faccio, non sono proprio in grado, né di sedermi, né di pensare che questo sia possibile.


Uno dei miei propositi per il 2009 era smettere di citare continuamente Antonia Byatt. Ma mi sta proteggendo come un nume tutelare, e come il genio nell’occhio d’usignolo, mi permette ancora di desiderare, almeno in sogno.


"I feel as [Christabel LaMotte] did. I keep my defences up because I must go on doing my work. I know how she felt about her unbroken egg. Her self-possession, her autonomy. I don't want to think of that going." (549)

martedì 13 gennaio 2009

il giorno dopo

dice lui: mi raccomando se senti che crolli chiama.
dico io: certo.

ci guardiamo, e sappiamo entrambi che non lo farò.

giovedì 8 gennaio 2009

three days of(f)

freddo polare;
ore e ore e ore in libreria;
lettura;
cibo indiano consumato in metropolitana;
l'Hamlet della Royal Shakespeare Company;
lo shopping nei negozi fighetti;
i corvi che gracchiano al mattino;
la crosta di neve in giardino appena sveglia;
il pranzo nell'istituto dei "matti" e la signora che mi inseguiva citando Milton;
la commessa che dice "Oh, you're from Europe?";
cinema;
tè bollente e tacchi alti;
fogli, compiti da fare e sonno in aereo;

parole, supporto, amore, sorellanza.