venerdì 27 giugno 2008

schiuma


Parlare di questa ultima settimana è molto molto difficile.

Mercoledì sera ho passato una serata solitaria con i miei libri e le mie carte a farmi forza per non pensare che quel lavoro estenuante, dopo il lavoro estenuante in negozio sotto dieci faretti bollenti mi stava facendo perdere un concerto che poi si è rivelato il concerto del secolo. Alle una, mi sono sdraiata sul letto e ho messo su un film vecchissimo, poi ho chiuso gli occhi e mi sono addormentata.

In tutti questi giorni ho faticato come mai nella mia vita, credo, per concentrarmi solo e soltanto sui miei doveri e sul pensiero di un futuro che sia solo mio. Questo mi ha mandato avanti come una specie di mulo, senza farmi pensare al resto che intorno correva forsennatamente.

Tutto il resto.

Sentirsi sola, sentirsi smarrita, sentirsi costantemente sul banco degli imputati, tutto questo non mi ha spezzata. Piegata sì, e molto. E adesso sento che l’unica cosa che voglio è un po’ d’ossigeno.

Adesso voglio sperare, ne ho bisogno.

Ho bisogno di credere che l’amarezza che provo si dissolverà in una schiuma di onde che sbattono e di sonni freschi. Ho bisogno di credere che la fiducia che sento possa essere ripagata.

Voglio essere felice e amata perché, e forse è la prima volta che lo dico a voce alta, io me lo merito.

mercoledì 25 giugno 2008

all'inizio dell'estate



Giorni duri.
Da tutti i punti di vista.














Servono i vecchi amici.

martedì 10 giugno 2008

dopo il temporale (forse)


..e come previsto questo martedì sera mi sento a pezzi. 
Lo sapevo che sarebbe successo: vado avanti a scariche di adrenalina da troppo tempo e da troppo tempo questo è quello che mi fa andare avanti. 
E' vero che questa è l'ultima settimana di vera potente tensione, però l'amaro calice lo devo bere tutto, fino in fondo, per non dover dire di nuovo di non aver fatto tutto il possibile.

Non ho musica nelle orecchie. Questo è strano, in genere c'è sempre una canzone dentro di me nelle circostanze più tese. Invece la mia musica delle ultime settimane è un lavorio continuo di parole mandate a memoria e pensieri tesi ad un unico obiettivo. 
Con rari momenti di silenzio, in cui sento scricchiolare le ossa e battere il cuore.

Domani un altro colloquio da affrontare, dopodomani un esame (oh sì, è vero, non finiscono mai. Nel mio caso è la mia idiozia a non avere limiti. Ma questa è una storia diversa), poi il voto da registrare, sperando che vada tutto liscio, poi incrociare le dita perché le cose si mettano per il meglio.

E nonostante tutto questo provo una grande, grandissima dolcezza nel pensare che la tesi è finita.
L'avevo detto questo? Finita.  

mercoledì 4 giugno 2008

day after

Studio.
Vedo film a metà, troppo stanca, troppo intimista, troppo vicino.
Cerco di dormire.
Telefonata alle una e un quarto di un amico lontano. Piango. Non so perché.
Cerco di dormire, impossibile.
Faccio una camomilla, scrivo una lunghissima mail. Spedisco.
Bevo la camomilla, torno a letto.

Ore quattro meno un quarto del mattino.

Forse rinuncio.
Rabbia.
Dolore.
Altra rabbia.
Poi la forza di volontà che salta fuori come un coniglio dal cilindro.

Quiete.
Sonno.
Sogni.

Sogno il cigolare delle suole di gomma delle scarpe da ginnastica sui gradini di graniglia. Salgono salgono e non arrivano mai. Sogno che aspetto.
Sogno che il fiume si riempie d’acqua –perché intanto fuori piove a scrosci e le gocce battono sul tettuccio di plastica del giardino di sotto- e che io sto a guardarlo, incantato, grigio e luccicante.
Sogno che qualcosa mi stringe alla gola, mi tocco ma non c’è niente e nessuno, eppure il senso di soffocamento leggero leggero mi rimane.

Mi sveglia il telefono alle 8.45
Comincio la giornata in una nebbia di pensieri sbagliati e stanchezza.
So cosa sta succedendo.

Stavolta, per nessuna ragione al mondo, mi faccio trovare impreparata.

martedì 3 giugno 2008

vita spericolata


Piove forte.
Non so perché, ma mi sento scoppiare di adrenalina. 
Mi sento come se tutta la mia vita dipendesse dai prossimi cinque minuti.
E' ovvio che il minuto prima di quei cinque minuti lì è difficile da descrivere. 
E' un misto di ipersensibilità, di lucidità estrema, di paura e di desiderio.

E' bellissimo. 
Dovrebbe succedere più spesso.