martedì 30 ottobre 2007

stacanovismo e altro

Mi prendo un minuto prima di ricominciare col lavoro vero.

Ho milioni di cose da dire e da fare, sono stanca e mi sento le ossa umide, ma contrariamente ad altri giorni che sono morti senza lasciarmi il tempo di riordinare e riprendere le fila di quello che ho lasciato a metà, in questi giorni tocco vertici di stacanovismo difficili da descrivere.

Sono arrivata in negozio un’ora in anticipo e sono uscita un’ora in ritardo, anche oggi, e alle dieci mentre finivo la mia cena (=tazza di cereali) ho scritto due mail fatte apposta per sollevare discussione.

Ho fatto la voce grossa ai bambini oggi e loro, incredibilmente, mi hanno ubbidito.

Adesso, mentre fumo l’ultima sigaretta autoconcessami (non più di dieci, biondina, prendere o lasciare) metto in fila le pagine da rivedere e quelle da scrivere per l’appuntamento col prof. domani. Senza particolare vittimismo (che stasera, volendola dire tutta, mi spetterebbe di diritto, insieme a un massaggio al collo).

Mi va bene, mi va bene anche questo discutere e scalzare gli argomenti da sotto le radici che ci si sono abbarbicate sopra.

Mi va bene non truccarmi, vestirmi da guerrigliera, appallottolarmi sotto il plaid di pile quando dovrei essere addormentata da tre ore e mettere in discussione tutto, ogni giorno, perché così mi sento a posto, così mi sento in pace con le cose che voglio da me e che mi sono promessa di non perdere.

Mi vanno bene anche i rischi che corro, sono più attaccata al mio pavimento proprio ora che svolazzo più in alto della realtà della mia vita.

Mi va bene anche la stanza sottosopra, le tazzine di caffè consumati ammonticchiate in un angolo della scrivania, la valigia sempre pronta, i soldi da contare e il fatto che non faccio un giro in libreria (come dico io) da almeno un mese.

Mi va bene perché una parte di me dice che tutto questo passerà e lascerà il posto a mattine fresche e viaggi.

Tutto mi sembra insieme passeggero e stabile.

martedì 23 ottobre 2007

brivido

Stasera sento il passato vicino.
Ho chiuso il cervello a doppia mandata e ho messo i tappi nelle orecchie.
Ma è lì.
Io vorrei essere altrove.

venerdì 19 ottobre 2007

sospiro

è stata una settimana dura.
Culminata in un momento davvero critico all'ora di pranzo di oggi.
Ma oggi è venerdì, mi son detta.
E questo momento che adesso sembra insuperabile, che mi fa arrossire, che mi fa venire voglia di ritornare a cinque anni e sentirmi autorizzata a succhiarmi il pollice, questo preciso istante finirà. Prima o poi.

E poi ci sarà il treno e poi due giorni senza computer, senza telefoni e senza convenevoli da commessa. Vertebre allungate e scrocchiate. copertina e tè caldo.

Quindi quando oggi mi hanno chiesto "ti sembra di stare andando avanti?" ho stretto la mascella forte e ho detto "sì".

martedì 16 ottobre 2007

Tema: la mia città (Sottotitolo: il Rinascimento è stato bello, ok ma è finito)


[Firenze, sale sull'albero la polemica sulla tramvia

Singolare protesta a Firenze: Antonio Laganà da venerdì scorso è salito su un albero per protestare contro il taglio delle piante previsto dal comune per far passare la linea 3 della contestatissima tramvia.]

Questa città si autoseppellirà presto.

Una mattina, all'inizio dello scorso settembre, avevo un appuntamento dal dentista.
Alle undici e trenta.
Pioveva a dirotto, scrosci gelidi di fine estate che non si potevano prevedere né evitare in alcun modo. Non mi andava di rischiare la vita in vespa e mi son detta: vado in autobus. E' un po' lontano ma tanto ho tutto il tempo.
Esco di casa alle dieci.
Aspetto quaranta minuti il primo autobus.
Aspetto venti minuti il secondo.
Traffico impazzito, auto ovunque, schizzi dalle pozzanghere e scarpe che si impantanano e si inzuppano.
Alle undici mi trovo all'ultimo incrocio, a venti minuti a piedi e sei in bus dalla meta.
Decido incautamente per l'autobus.
Aspetto.
Aspetto.
Aspetto.
Si creano file infinite sul marciapiede, la gente guarda sgomenta in giro per cercare cartelli che avvisino di eventuali soppressioni di corse e non ne trovano.
Quando è troppo tardi per raggiungere a piedi lo studio dentistico mi rassegno e cerco un taxi.
Non ce ne sono.
Furibonda e zuppa telefono al dentista e gli dico che arriverò una mezz'oretta in ritardo. Mi incammino sotto la pioggia maledicendo Firenze.

La scorsa settimana, di nuovo, ero senza vespa.
Appuntamento alle due in pieno centro.
Pranzo dai miei come le galline alle 12 e 30 poi alle una e un quarto esco di casa al grido di "prendo un autobus e arrivo anche dieci minuti prima per prendere il caffè".
Invece sono arrivata all'appuntamento alle due e dieci.

Firenze fa 500.000 abitanti più o meno.
milioni di turisti l'anno.
Il biglietto dell'autobus costa uneuroeventi. Ma l'autobus non c'è.

E c'è ancora qualche deficiente, esibizionista, fanatico, dogmatico, chiamatelo come vi pare che protesta per la tramvia.

Io voglio la tramvia, la metropolitana, il filobus, lo skilift, e una funicolare.
A meno che non mi diano il teletrasporto. Voglio che questa città sia vivibile anche per me, che sarò sfigata ma sono nata qui e non ci vengo in vacanza e non mi va di sorridere e dire "com'è pittoresco" come gli americani.

Alberi?
Pazienza.

venerdì 12 ottobre 2007

la ricetta per la felicità

Chissà se succede anche a qualcun altro.
Possibile che qualunque genere di cattivo umore mi trovi addosso passi all'istante se vedo ballare Fred Astaire?
Possibile che mi compaia in faccia un enorme sorriso da ebete e la voglia insensata di credere che la vita sia leggera e facile?

mercoledì 10 ottobre 2007

(intanto...)

cristallo

Equilibrio.

Questo ci vuole, equilibrio.
Reagire alla sensazione di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato che mi ha aggredita in questi giorni ogni volta che mi svegliavo.
Reagire al nervosismo che mi fa venire voglia di rispondere male e andarmene sbattendo la porta.
Reagire alla voglia di dormire. E poi reagire all’insonnia.
Reagire al fatto che ho tutto sparso in giro e non trovo le cose.
Reagire al “che faccio, dove vado, cosa voglio che c’entra tutta questa gente con me”.

Che hai?

Ascolto dischi e chiudo le finestre che per tanti mesi sono rimaste generosamente aperte, mi sento addosso le foglie rosse degli alberi della mia via e mi sembra che troppa gente mi chieda consigli e mi chieda come sto.
Mi ritornano le vecchie pulsioni: per esempio avrei assolutamente bisogno di muovermi e parlare una lingua diversa. Avrei bisogno di un aereo sul quale abbandonarmi alla lettura di riviste. Di un volo che mi obblighi a portarmi una giacca sul braccio, che chissà che tempo farà quando atterro.

Ma non è il momento della fuga, è il momento della trincea.
Del coltello tra i denti in negozio e fra le mura della stanza davanti ai libri aperti. E se la rabbia c’è, (per quanto sia inspiegabile c’è) è il momento di incanalarla nella realizzazione dei progetti, non nelle camminate sfiancanti fra metropolitane e marciapiedi stranieri.

Sarebbe bello ma non si può.
E stavolta resisto. Stavolta vinco io.

domenica 7 ottobre 2007

nostalgia

(lo sa che prima o poi i miei torneranno a casa, ma si strugge nell'attesa...)

venerdì 5 ottobre 2007

sembrava un lunedì

Uno passa due giorni belli ma faticosi a correre, prendere e perdere treni, godersi un concerto favoloso mischiandosi a sessantacinquemila persone, spiaccicarsi negli autobus, dormire per terra, ammirare di corsa una città che non conosce, stringere mani, combattere col torcicollo, combattere con gli appuntamenti, contare gli spiccioli, ricontare gli spiccioli, sbadigliare, programmare, soffrire il freddo e il caldo, ricombattere col torcicollo (che sembrava debellato invece guarda un po'? eccolo lì di nuovo) vagare nella periferia della sua città in cerca della propria vespa rimossa dalla municipale e portata in un posto che sembra lo scenario di un film western e intanto, a bordo dell'ultimo treno mentre torna a casa, mentre il vicino di sedile legge il giornale invadendo quel minimo di spazio vitale che gli servirebbe per respirare, spera che la giornata di lavoro che comincerà alle tre e mezza sia gentile, che non ci siano troppi ordini da evadere, che non ci siano scatoloni da sollevare (ché il collo davvero si arrenderebbe del tutto all'idiozia della testa che regge) che non si accalchino le solite vecchiette, o meglio, che si accalchino pure ma che evitino di tergiversare o di essere acide.

Invece, puntuali ecco le clienti impossibili.


Ed ecco come appariva il negozio all'arrivo della biondina.




Però il concerto è stato davvero favoloso. L'ho già detto?